Affitti brevi, cedolare secca al 26% per tutti gli immobili, chi paga davvero?

Attualmente i proprietari che affittano immobili per brevi periodi senza intermediazione sono l'1,8%.

Adv

affitti brevi cedolare secca aumento

La legge di Bilancio 2026, in corso di approvazione, introduce una significativa modifica alla tassazione degli affitti brevi che sta generando un acceso dibattito sia all’interno della maggioranza che tra gli operatori del settore. La misura prevede l’innalzamento della cedolare secca dal 21% al 26% per tutti coloro che affittano immobili per periodi inferiori ai 30 giorni utilizzando intermediari (es. property manager) o piattaforme telematiche come Airbnb e Booking. Una decisione che nasce, secondo il Governo, dalla necessità di contrastare l’emergenza abitativa nelle grandi città, ma che di fatto colpirà circa il 90% dei proprietari di case vacanza, lasciando l’aliquota agevolata solo a quella sparuta minoranza che gestisce gli affitti in totale autonomia.

Cedolare secca sugli affitti brevi al 26%: l’aumento del gettito fiscale

Quali sono le motivazioni che hanno spinto il Governo a inserire la misura nella manovra economica? Secondo la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge, la norma dovrebbe generare un gettito aggiuntivo di circa 102,4 milioni di euro annui a regime, colpendo una platea di circa 516.000 immobili destinati a locazioni turistiche.

Il documento della Ragioneria generale dello Stato stima che il 90% degli immobili attualmente assoggettati alla cedolare secca del 21% continuerà ad avvalersi delle piattaforme digitali anche dopo l’innalzamento dell’aliquota, “per esigenze di semplificazione e rapidità delle transazioni”. Solo il restante 10% della platea sceglierebbe di non avvalersi più dei servizi delle piattaforme telematiche, gestendo direttamente le locazioni.

La carenza di immobili per affitti a lungo termine

Ma dietro la questione del gettito fiscale, emerge con forza una convinzione dell’attuale ministro dell’Economia, che ritiene dannoso per il mercato degli affitti delle abitazioni il massiccio impiego degli immobili per gli affitti brevi.

Con questa norma si dovrebbe riequilibrare il vantaggio per i proprietari che utilizzano le abitazioni per gli affitti brevi, disincentivando le locazioni propriamente turistiche. Viene da chiedersi se questa modifica del gettito, tutto sommato modesta, giustifichi una misura che andrà a impattare sulle tasche di molti piccoli proprietari, complicando ulteriormente lo scenario delle locazioni brevi.

Con partita IVA o senza, con intermediari o senza, obbligo del CIN, comunicazione in questura. La burocrazia è sempre più articolata e complessa. E non si comprende se l’obiettivo sia disincentivare l’utilizzo degli immobili sfitti come case per vacanze a vantaggio delle strutture alberghiere o delle famiglie in cerca di una casa.

Aumento cedolare secca sugli affitti brevi, l’aggravio fiscale: il calcolo

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la platea interessata dalla misura non è costituita da grandi investitori o società immobiliari, ma prevalentemente da famiglie comuni. L’impatto economico è tutt’altro che trascurabile. Per un proprietario che gestisce un immobile con un reddito medio annuo di 25.000 euro da locazioni brevi, l’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% comporta un aggravio fiscale di 1.250 euro all’anno.

Considerando che il margine netto di spese (pulizie, commissioni dei portali, tassa di soggiorno, IMU, utenze) si attesta mediamente intorno al 34% dell’incasso con l’aliquota al 21%, con l’aumento al 26% questo margine scenderebbe al 28%. Si tratta di una riduzione significativa della redditività che potrebbe spingere molti proprietari a rinunciare del tutto all’affitto breve o, peggio ancora, a cercare soluzioni nel mercato sommerso per mantenere la sostenibilità economica dell’attività.​

È importante sottolineare che questi proprietari non sono “speculatori” ma spesso pensionati o lavoratori dipendenti che utilizzano il reddito da locazione turistica per integrare stipendi o pensioni. La norma colpisce quindi una fascia di popolazione che già oggi fatica economicamente e che, nell’affitto breve, aveva trovato una forma lecita e tracciata di sostegno al reddito familiare.​

Cedolare secca al 21% sugli affitti brevi? Solo per l’1,4% dei proprietari

Uno degli aspetti più controversi della norma riguarda la differenziazione tra chi affitta tramite intermediari e chi lo fa in autonomia. Dal punto di vista della ratio legis, questa distinzione dovrebbe servire a identificare chi svolge un’attività economica organizzata (e quindi assimilabile a un’attività imprenditoriale) da chi invece mette occasionalmente a reddito un singolo immobile. Tuttavia, nella pratica questa distinzione risulta del tutto artificiosa e crea una serie di problemi di equità e di efficacia.

L’utilizzo di una piattaforma digitale non è affatto un indicatore di attività imprenditoriale, ma un indicatore della volontà di mettersi in regola e gestire in modo semplice. Un pensionato che affitta il proprio appartamento al mare per due mesi all’anno, utilizzando Booking per la comodità e la sicurezza che offre la piattaforma (pagamenti tracciati, recensioni, assistenza clienti), sarà tassato al 26%. Ma hi gestisce quattro appartamenti in totale autonomia, magari attraverso il passaparola o annunci informali, manterrà l’aliquota al 21%. Il rischio di incentivare il sommerso apparirebbe così molto alto.

Poi, c’è da considerare che solo l’1,4% dei proprietari attualmente affitta senza alcun intermediario. Questo significa che la distinzione normativa non ha alcuna rilevanza pratica e nella sostanza. La misura, dunque, si traduce in un aumento generalizzato dell’aliquota che colpisce il 98,6% della platea: non è pensabile un passaggio alla locazione senza intermediari da parte di questa enorme fetta – che rappresenta quasi la totalità -, piuttosto è più probabile che vi sia una crescita degli immobili sfitti e inutilizzati o delle locazioni in nero.

Incentivi fiscali e tempi degli sfratti dimezzati: le soluzioni alternative

Quali potrebbero essere le alternative? La prima, quella di potenziare gli incentivi fiscali per gli affitti a lungo termine a canone concordato. Attualmente questi contratti godono già della cedolare secca al 10%, ma potrebbero essere introdotte ulteriori agevolazioni come l’esenzione totale dall’IMU, detrazioni per le spese di manutenzione, semplificazione delle procedure di registrazione. Naturalmente questa soluzione dovrebbe fare i conti con le finanze mediamente dissestate dei Comuni italiani e della possibilità di eventuali coperture statali.

La seconda alternativa riguarda la riforma delle procedure di sfratto, che oggi rendono estremamente rischiosa la locazione a lungo termine. Un proprietario che affitta per quattro anni un immobile a una famiglia, che poi smette di pagare, può trovarsi bloccato per anni prima di riottenerne la disponibilità, con costi legali e mancati introiti devastanti. Non sorprende quindi che molti preferiscano l’affitto breve, che consente di avere il pieno controllo dell’immobile e di liberarlo in pochi giorni in caso di problemi. Accelerare i tempi di esecuzione degli sfratti per morosità, pur garantendo le necessarie tutele sociali per gli inquilini in difficoltà, renderebbe molto più attraente l’affitto residenziale.

Una vera e propria riforma delle norme vigenti sulle locazioni, per adeguare il mercato alle novità di questi ultimi anni, che hanno cambiato in modo significativo l’incidenza delle varie tipologie di locazione, potrebbe essere utile. Così come un aggiornamento e una mappatura delle tassazioni per i vari casi, in modo da fare luce in una giungla di provvedimenti che continuano a cambiare, in un quadro sempre più incerto per i proprietari immobiliari.

Autore
Foto dell'autore

Giovanni Emmi

Dottore Commercialista

Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

Lascia un commento

Continua a leggere

Iscriviti alla Newsletter

Il meglio delle notizie di Partitaiva.it, per ricevere sempre le novità e i consigli su fisco, tasse, lavoro, economia, fintech e molto altro.

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.