Dal 2026 RAL obbligatoria negli annunci di lavoro: cosa cambia per imprese e candidati

Parità retributiva e leva competitiva, ma si rischia di appiattire i salari e perdere talenti.

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RAL obbligatoria annunci lavoro

Dal 7 giugno 2026 le aziende italiane dovranno indicare la retribuzione annua lorda (RAL) o una fascia retributiva al candidato in cerca di lavoro e selezionato. Non si tratta di un consiglio o di una “buona pratica”, ma di un vero e proprio obbligo di legge europeo, previsto dalla Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale. Il principio è chiaro: il candidato ha diritto di sapere, prima del primo colloquio, quale sarà la retribuzione prevista per la posizione a cui si candida. Ma come funzionerà esattamente la RAL obbligatoria negli annunci di lavoro? Partitaiva.it ha realizzato un check degli annunci che saranno “fuori legge” dal prossimo anno e individuato come imprese e HR manager cambieranno processi, policy interne e comunicazione per la ricerca dei candidati ideali.

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RAL obbligatoria negli annunci di lavoro e parità retributiva

Un cambiamento epocale, che segna la fine degli annunci di lavoro con la formula “stipendio commisurato all’esperienza”. La nuova direttiva europea punta a ridurre le differenze salariali di genere, ancora oggi significative in Italia e in molti Paesi dell’Unione. Secondo i dati INPS, il gender pay gap italiano resta intorno al 20%, con punte maggiori nei ruoli dirigenziali e tecnici.

Per colmare questa distanza, Bruxelles ha scelto la via della trasparenza: rendere pubbliche le informazioni sui salari e garantire ai lavoratori la possibilità di confrontare la propria retribuzione con quella dei colleghi che ricoprono ruoli equivalenti. La direttiva, infatti, vieta anche ai datori di lavoro di chiedere al candidato quanto guadagnava in precedenza e obbliga le imprese a intervenire quando emerge un divario retributivo ingiustificato superiore al 5%.

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Cosa cambia concretamente per le aziende italiane

Dal 2026 ogni annuncio di lavoro dovrà riportare in modo chiaro la RAL o una fascia retributiva di riferimento, al posto della scritta “RAL commisurata all’esperienza”. Quindi niente più descrizioni generiche o formule evasive. L’azienda che non voglia rendere nota la RAL pubblicamente (competitors inclusi) potrà farlo, al patto di comunicarla al candidato selezionato prima del primo colloquio.

Questo comporta una revisione profonda delle pratiche di recruiting e della comunicazione aziendale. Gli HR dovranno aggiornare i template degli annunci, la pagina del sito “lavora con noi” e i portali di selezione, assicurandosi che la retribuzione sia visibile già nella fase di candidatura (o comunque un range di appartenenza, un livello del proprio CCNL di riferimento…)

Annunci come quelli qui di seguito saranno vietati.

RAL e seniority: oltre i particolarismi

Le aziende dovranno avviare una mappatura interna delle retribuzioni, per assicurarsi che salari e bonus siano coerenti con ruoli, livelli e responsabilità. Questo passaggio sarà indispensabile anche per evitare discrepanze tra quanto comunicato nei job ad e quanto effettivamente corrisposto ai dipendenti già in organico.

Per capire come le imprese italiane stanno affrontando il nuovo obbligo, Partitaiva.it ha intervistato Elvira Fochi, HR Manager e responsabile della formazione in ETC Engineering Srl e Oscar Solutions Srl, realtà attive nel settore ingegneristico.

“All’interno del dipartimento non abbiamo ravvisato criticità particolari in quanto abbiamo deciso di costruire una matrice che prevede di associare un valore economico al ruolo e alla seniority, evitando personalismi. Nello stesso modo sono stati equiparati i benefit o eventuali trattamenti aggiuntivi come, ad esempio, l’auto per i sales engineer e i direttori lavori – spiega la manager -. La direttiva UE non impone di pubblicare il trattamento economico di ciascuno, ma permette alle persone di poter richiedere trasparenza sulla media di trattamento economico di persone a parità di ruolo e mansione svolta, oltre a poter prendere visione della RAL o range RAL degli annunci pubblicati”.

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RAL obbligatoria negli annunci di lavoro: cosa devono fare le imprese

Ma a che punto siamo con l’adeguamento? Le aziende italiane sono pronte per questo passaggio? “Se ci è voluta una normativa per porre l’accento sulle disuguaglianze salariali, la risposta è no. Ho partecipato già ad un paio di seminari sul tema e sembra che ci siano molteplici possibilità per eludere il sistema”, continua Fochi.

Elvira Fochi, HR Manager & Professional Organizer

Le resistenze socio-culturali potrebbero non essere ugualmente superate. “La legge è stata fatta per appianare il gender pay gap, ma questo non impedisce di chiamare a colloquio soltanto un genere o di dare istruzioni alle agenzie di prediligerlo a prescindere, in fase di assunzione. In un paio di occasioni mi è capitato che le agenzie stesse mi invitassero ad esprimere una mia preferenza sul genere che avrei preferito da assumere all’ interno dell’azienda”, aggiunge l’esperta.

I dati

Secondo un recente sondaggio LinkedIn di Reverse, solo il 18% delle imprese dichiara di aver già adottato la misura, mentre un ulteriore 5% ha iniziato il percorso di adeguamento. Una quota più consistente, pari al 32%, prevede di pubblicare un range di RAL nei prossimi annunci, ma quasi la metà delle aziende, il 45%, non si è ancora confrontata con il tema. 

Il quadro suggerisce che per molte imprese la questione resta ancora poco discussa, e spesso percepita come un problema esclusivamente di HR, senza un coinvolgimento più ampio della direzione o dei manager operativi, ma soprattutto un cambio culturale profondo, che mette la trasparenza al centro del rapporto tra impresa e lavoratore.

“La questione della RAL non è l’unico parametro che può sancire una disuguaglianza: basti pensare a quante donne siedono all’interno di CDA delle aziende o riescono ad ottenere incarichi apicali – precisa la responsabile HR -. La normativa infatti è stata creata per abbattere il fenomeno dello glass ceiling e del gender pay gap ma per quanto possa esserci un’equità salariale tra uomo e donna, non ci sono le condizioni poi per proseguire alla pari nel fare carriera”.

Il problema è che indipendentemente da uomini e donne, in Italia ci sono problematiche sistemiche e strutturali. “È radicato nella cultura che sia la mamma a doversi occupare del figlio e dei genitori anziani e anche se i papà hanno agevolazioni come orari flessibili o permessi e congedi, tendenzialmente non li utilizzano perché culturalmente poco accettabile rispetto alla madre”, conferma Fochi.

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Quando e come comunicare la RAL ai candidati

La convinzione diffusa, ma in realtà errata, riguardo alla nuova Direttiva UE 2023/970 è che la RAL debba obbligatoriamente essere espressa negli annunci.

In realtà, l’articolo 5 della Direttiva stabilisce chiaramente che i candidati devono ricevere informazioni sulla retribuzione prevista o sulla relativa fascia nell’annuncio stesso oppure prima del colloquio. In altre parole, è perfettamente legale non indicare la RAL nell’annuncio, purché questa venga comunicata in modo chiaro e documentabile prima del colloquio, ad esempio via email o telefonicamente.

Va sottolineato, inoltre, che questo obbligo riguarda solo i candidati effettivamente convocati a colloquio, non tutti coloro che leggono l’annuncio.

RAL precisa vs range

La normativa non impone fasce standard: è quindi consentito indicare range ampi come, ad esempio, tra 30.000 e 100.000 euro, senza violare alcuna regola. Non esistono margini massimi o percentuali di oscillazione stabiliti dalla Direttiva.

Diverso sarebbe stato l’inserimento della RAL obbligatoria negli annunci, dando però l’opportunità di indicare una fascia precisa con un margine massimo, ad esempio ±5% o ±5.000 euro. Questa scelta, se da un lato aumenterebbe la trasparenza, potrebbe avere impatti concreti su flessibilità e gestione dei processi di selezione.

“La normativa rischia di appiattire i salari in virtù della trasparenza, diventando per paradosso meno meritocratico – spiega la HR manager -. Consideriamo due esempi: ‘cercasi HR Assistant – RAL 27.000 euro, full time, orario dalle 8.30 alle 17.00 con mensa aziendale e parcheggio esterno gratuito, pc aziendale, snack gratuiti’;’cercasi HR Assistant – RAL 25.000 euro, full time, buoni pasto, orario flessibile, smartworking, welfare aziendale. Il primo diventa più allettante del secondo. Il rischio è quindi quello di far sì che i candidati si soffermino sul valore della RAL: mensa aziendale, buoni pasto, smartworking per migliorare il work life balance e welfare aziendali pososnoa vere un ruolo molto importante”.

Altri obblighi chiave della Direttiva UE sulla trasparenza salariale

Le novità non finiscono qui. L’entrata in vigore della Direttiva UE 2023/970 vieterà anche di chiedere ai candidati quale sia la loro RAL attuale. Il divieto riguarda specificamente la raccolta di informazioni sullo stipendio precedente, mentre resta possibile informarsi sulle aspettative retributive del candidato o comunicare la RAL prevista dall’azienda.  

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RAL obbligatoria negli annunci, la trasparenza migliora la qualità

Molti imprenditori temono che l’obbligo di pubblicare la RAL possa ridurre la flessibilità nelle negoziazioni o rendere pubbliche informazioni considerate “sensibili”. In realtà, l’esperienza dei Paesi che hanno già introdotto forme di trasparenza retributiva mostra l’effetto opposto.

Nel Regno Unito, dove oltre il 70% degli annunci include una fascia salariale, la chiarezza sulla retribuzione ha ridotto i tempi medi di assunzione e migliorato la qualità dei candidati. Anche in Francia e Spagna, dove esistono già forme di reporting retributivo obbligatorio, le imprese che hanno adottato politiche trasparenti hanno registrato un impatto positivo sulla fiducia interna e sull’employer branding.

L’Italia nel contesto europeo

Nel panorama europeo, l’Italia parte da una situazione di bassa trasparenza. Secondo i dati Indeed, solo il 19,3% degli annunci di lavoro pubblicati nel nostro Paese riporta la RAL o un’indicazione salariale.

In Germania la quota scende addirittura al 16%, mentre nel Regno Unito e nei Paesi nordici supera il 70%. In Francia, la trasparenza è già parte integrante delle politiche HR grazie all’indice di parità di genere, obbligatorio per le aziende con oltre 50 dipendenti. In Spagna, la normativa richiede già registri salariali dettagliati, e nei Paesi scandinavi la pubblicazione delle retribuzioni è una prassi consolidata.

RAL obbligatoria dal 2026: l’incremento è possibile?

Naturalmente, la transizione non sarà priva di ostacoli. Indicare la RAL obbligatoria negli annunci di lavoro riduce in parte la possibilità di adattare lo stipendio al profilo del candidato. E potrebbe rendere più complesso negoziare casi particolari. 

“Pubblico da sempre le RAL negli annunci e vorrei continuare a farlo. Tuttavia, ho ravvisato dei limiti per i meccanismi di recruiting all’interno delle aziende – prosegue la manager -. Generalmente si stabilisce un budget HR sulla figura che si vuole assumere in base a ruolo e seniority necessaria, si confeziona una job description e si associa un range retributivo. A quel punto si apre la richiesta e si socializza agli esterni. Indicare una RAL specifica rischia di escludere il talento di chi, a prescindere ,decide di non candidarsi perché non soddisfatto dal compenso previsto. Invece mi è capitato, in caso di colloquio, di riuscire a ottenere una RAL più alta dalla proprietà, proprio in virtù del fatto che avevamo davanti un candidato di altissimo livello”.

Autore
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Natalia Piemontese

Giornalista

Giornalista pubblicista, sono laureata con Master in selezione e gestione delle Risorse Umane e specializzata in ricerca attiva del lavoro. Fondatrice dell'Academy di Mamma Che Brand, per l'empowerment femminile e la valorizzazione delle soft skills in particolare dopo la maternità, insegno le competenze digitali che servono per lavorare online.

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