Crollo delle azioni di BYD alla borsa di Hong Kong, dopo la notizia della vendita delle quote di Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffet. Il colosso cinese dell’auto elettrica ha perso il 3,6%, che si aggiunge al calo dell’utile trimestrale, frutto della concorrenza e dei prezzi fuori portata dei veicoli elettrici.
Crollo BYD in Borsa, è la prova del fallimento dell’auto elettrica?
“Il crollo in Borsa di BYD e il disimpegno definitivo di Warren Buffett dopo diciassette anni di partecipazione sono un segnale chiarissimo nella direzione che noi indichiamo da tempo: la favola dell’auto elettrica è finita – spiega Stefano Ruvolo, presidente di Confimprenditori, in una nota -. Se anche uno degli investitori più prudenti e lungimiranti al mondo decide di abbandonare il campo, significa che il modello è fallito. È ora che la politica europea e il governo italiano prendano atto della realtà e smettano di alimentare una follia che sta distruggendo la nostra industria e l’intero tessuto delle piccole e medie imprese dell’automotive. Se Ursula von der Leyen continuerà a insistere sulla follia green vorrà dire che il suo obiettivo è condannare definitivamente l’industria europea al fallimento”.
L’Europa punta sull’auto elettrica, Ruvolo: “Non è sostenibile”
La presidente della Commissione europea nei giorni scorsi ha annunciato “il futuro elettrico” dell’Europa, spiegando di voler puntare su auto piccole, economiche ed ecologiche made in UE. Ursula Von der Leyen ha indicato una “strategia” di cui non si conoscono né contorni, né scadenze temporali.
Al netto dell’investimento della società di Buffet – che secondo Il Sole 24 Ore ha guadagnato il 4.500% – il crollo di circa il 30% delle azioni di BYD, rispetto al massimo storico raggiunto quattro mesi fa, non migliora l’ottimismo. “Questo chiaro segnale rappresenta l’ennesima conferma delle contraddizioni di un settore tenuto artificialmente in vita da incentivi e propaganda ideologica. Il mercato ha parlato chiaro: l’elettrico non è sostenibile, né per i consumatori né per le imprese – continua Ruvolo -. La guerra dei prezzi, la caduta delle vendite e la mancanza di infrastrutture hanno già messo in ginocchio colossi come BYD, figuriamoci cosa può accadere alle nostre PMI costrette a subire politiche europee sbagliate. Bisogna abbandonare questa ossessione e tornare a una vera neutralità tecnologica, che permetta di investire anche su biocarburanti, idrogeno, ibrido e innovazione sui motori tradizionali. Se non invertiamo la rotta, il destino dell’automotive europeo sarà segnato e con esso quello di centinaia di migliaia di imprese e lavoratori”.
Redazione
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