Con ordinanza n. 18149 del 3 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha affermato che una società di persone (costituita sotto forma di società in accomandita semplice), già cancellata dal Registro delle imprese al momento della proposizione, non può ricorrere per Cassazione.
La pronuncia apporta così un interessante chiarimento sugli effetti della cancellazione della società dal registro e sulla carenza di poteri da parte del legale rappresentante di agire in giudizio, una volta avvenuta l’estinzione della società.
Il legale rappresentante e la cessazione della carica con l’estinzione della società
La vicenda ha origine dal ricorso presentato da una società in accomandita semplice contro una sentenza della commissione tributaria regionale su IVA e IRAP per l’anno di imposta 2006. La società era però stata cancellata dal registro delle imprese nel 2011, molto prima dell’avvio del procedimento in Cassazione. A ciò si aggiunge anche il fatto che il difensore della società è deceduto, e che in seguito a ciò la cancelleria informava i soci dell’estinta compagine della fissazione dell’adunanza camerale. Uno dei soci si costituiva in giudizio.
La Corte suprema ha dunque dichiarato inammissibile il ricorso, sostenendo prima di tutto il consolidato principio di diritto secondo cui la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese determina l’estinzione della medesima, con conseguente subentro dei soci alla società estinta.
In seguito all’estinzione, ovviamente, il legale rappresentante della società ha cessato la propria carica. Per i giudici di legittimità, non ha dunque più alcun potere di proporre ricorso per Cassazione in nome di una società che non esiste più.
L’ultrattività del mandato conferito al difensore
Un altro tema su cui la pronuncia si è soffermata riguarda l’inapplicabilità del principio dell’ultrattività del mandato conferito al difensore nei precedenti gradi di giudizio in occasione di simili vicende.
La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che l’operatività di questo principio presuppone necessariamente che si agisca per nome di un soggetto che esiste ed è capace di stare in giudizio. Evidentemente, nell’ipotesi di una società estinta, viene meno l’ente stesso e dunque anche la possibilità per il difensore di agire in suo nome, anche se il mandato gli era stato precedentemente conferito quando la società era in “vita”.
Sempre in merito a tale vicenda, la Corte ha escluso che possa trovare applicazione l’art. 28, co. 4 del D.lgs. n. 175/2014, ovvero il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società, previsto però solamente nelle ipotesi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle Imprese sia stata presentata nella vigenza della disposizione e, dunque, il 13 dicembre 2014 o successivamente. La norma ha natura sostanziale sulla capacità della società cancellata e non ha una portata retroattiva.
In ultimo, la Cassazione ha precisato che non rileva la costituzione in giudizio di uno dei soci, perché l’attività non è sufficiente a sanare l’originario difetto di rappresentanza in capo al legale rappresentante della società estinta. La costituzione in giudizio non può attribuire, in via retroattiva, alcuna legittimazione all’atto (in questo caso, il ricorso per Cassazione) che è compiuto da un soggetto che non ha i relativi poteri al momento della proposizione.
Roberto Rais
Giornalista e autore