Accordo dazi USA-UE, per le imprese italiane “nessun aiuto a breve termine”, cosa devono fare

L'attesa per le misure di sostegno del governo rischia di diventare un pericoloso temporeggiamento per le imprese più colpite dai dazi, chiamate invece ad agire rapidamente.

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Dopo mesi di tensioni e minacce reciproche, come anticipato nel nostro approfondimento, Stati Uniti e Unione europea hanno finalmente raggiunto un accordo commerciale che pone fine all’escalation tariffaria iniziata ad aprile. L’intesa, siglata durante l’incontro tra il presidente americano Donald Trump e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen a Turnberry, in Scozia, stabilisce infatti dazi del 15% sulla maggior parte delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti. Le imprese italiane attendono aiuti tempestivi dal governo che, però, sembra frenare dopo iniziali annunci incoraggianti.

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Accordo dazi USA-UE, le trattative e i rischi

Il percorso negoziale è stato tutt’altro che semplice. Le trattative si erano intensificate dopo che Trump aveva imposto dazi del 10% su quasi tutte le importazioni europee, per poi minacciare un inasprimento al 30% attraverso una lettera formale inviata a Von der Leyen poche settimane fa. La prospettiva di tariffe così elevate aveva generato profonda preoccupazione, considerando che gli scambi commerciali tra le due economie valgono circa 1.400 miliardi di euro annui, con gli Stati Uniti che rappresentano il primo partner commerciale dell’UE per le esportazioni.

Si sono così incentivate le trattative per giungere al compromesso odierno, una tariffa del 15% come limite massimo per la stragrande maggioranza delle esportazioni europee, senza possibilità di cumuli aggiuntivi. Alcune categorie merceologiche beneficiano di esenzioni complete con tariffe zero bilaterali: aeromobili e componenti, prodotti chimici selezionati, farmaci generici specifici, apparecchiature per semiconduttori, determinati prodotti agricoli, risorse naturali e materie prime critiche. Restano invece esclusi dall’accordo generale acciaio e alluminio, che mantengono le tariffe punitive del 50%, anche se verrà istituito un sistema di quote per ridurre parzialmente l’impatto.

Gli obblighi per l’UE oltre i dazi sui prodotti

In aggiunta a ciò, l’Unione Europea ha dovuto accettare oneri aggiuntivi tutt’altro che marginali. Bruxelles si è infatti impegnata ad acquistare 750 miliardi di dollari di prodotti energetici americani distribuiti nell’arco di tre anni, giustificando questa scelta con la necessità di ridurre la dipendenza dal gas naturale liquefatto russo. Parallelamente, l’UE investirà 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti in aggiunta agli investimenti già programmati, mentre Trump ha annunciato l’acquisto di “grandi quantità” di armamenti americani da parte dell’Europa.

L’accordo ha una durata triennale, coincidendo con il mandato presidenziale di Trump. Secondo fonti diplomatiche questa tempistica non è casuale: suggerisce infatti la possibilità di rinegoziare l’intesa nel 2028 con una nuova amministrazione americana potenzialmente più accomodante.

Tutto ciò premesso, rimane da comprendere quali saranno le misure di sostegno per salvaguardare la competitività delle imprese italiane, messa ulteriormente alla prova da questo inasprimento tariffario.

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Dazi USA-UE, gli aiuti per le imprese che servono

L’accordo sui dazi, pur evitando il peggio, non è certamente privo di ripercussioni per le imprese italiane ed europee. Per questo motivo, sia a livello nazionale che continentale, si stanno definendo misure concrete di sostegno per aiutare le aziende ad affrontare il nuovo scenario commerciale.

L’impatto sul sistema produttivo italiano

Al fine di comprendere quale possa essere l’impatto effettivo per l’economia nazionale, giova ricordare ancora una volta come gli Stati Uniti siano il secondo mercato mondiale per l’export del made in Italy, con un valore di 66,8 miliardi di euro, pari al 10,4% delle vendite totali all’estero. Come sottolinea Marco Granelli, presidente di Confartigianato, “l’accordo sui dazi al 15% mette fine all’incertezza ma non sarà indolore per le nostre imprese”, visto e considerato che negli ultimi cinque anni gli imprenditori italiani hanno registrato negli USA la maggiore crescita di esportazioni: +57%, pari a un aumento di 24,2 miliardi di euro.

Anche per questo motivo il governo italiano ha già annunciato la disponibilità ad attivare misure di sostegno specifiche e una nota congiunta, firmata dalla presidente Meloni e dai vicepremier Tajani e Salvini, precisa come l’esecutivo sia pronto ad attivare misure di supporto a livello nazionale per quei settori che dovessero risentire particolarmente delle misure tariffarie statunitensi, chiedendo però che vengano attivate misure analoghe anche a livello europeo.

Aiuti per le imprese colpite dai dazi USA-UE? “Nessuno a breve termine”

In un primo momento l’esecutivo aveva parlato di una dotazione di 25 miliardi di euro di aiuti per le imprese maggiormente colpite, di cui 14 miliardi dal PNRR e 11 miliardi dai fondi di coesione. Successivamente è però arrivato un chiarimento da parte del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, che – interpellato alla Camera – non ha prefigurato alcun supporto a brevissimo termine.

Questo non significa, naturalmente, che i sostegni non possano arrivare. Piuttosto, che è difficile che possano arrivare a stretto giro e, comunque, prima che vengano definiti i contorni sull’accordo tariffario, lasciando per il momento le imprese in un contesto di incertezza operativa.

Cosa succede negli altri Paesi

Nella stessa posizione si trovano, peraltro, tutti i principali governi delle economie colpite dai dazi di Trump, ed è dunque arduo trovare fonti di ispirazione che potrebbero essere incorporate nelle linee di azione italiane.

È tuttavia di interesse notare come una parte non marginale dei Paesi colpiti dalle tariffe abbia introdotto o rafforzato i servizi consulenziali alle imprese: dal Canada al Sudafrica, sono già stati lanciati i programmi che sosterranno gli esportatori colpiti dai dazi attraverso forme di assistenza che comprendono l’individuazione di mercati alternativi. Per il resto, i governi sembrano prendere tempo, annunciando pacchetti di sostegno limitati ai soli esportatori più “vulnerabili”, ma rimandando i dettagli ad un secondo momento. 

Insomma, l’introduzione dei dazi americani non è solo un rilievo per l’Italia o l’Unione europea, ma inaugura una fase di profonda riconfigurazione dei flussi commerciali mondiali. Con l’evidenza che alcuni Paesi europei e altri partner tradizionali degli Stati Uniti si trovano a fronteggiare tariffe commerciali più elevate, si apre una finestra di opportunità per quelle economie che godono di trattamenti più favorevoli o accordi commerciali preferenziali con Washington.

Le ipotesi più probabili

Alcuni Paesi potrebbero, dunque, vedere aumentare significativamente le proprie quote di mercato negli Stati Uniti, beneficiando di un vantaggio competitivo derivante da tariffe più basse. Il fenomeno potrebbe estendersi anche ad alcune economie asiatiche che hanno negoziato condizioni più favorevoli o che si trovano già in una posizione privilegiata nei rapporti bilaterali con gli USA.

La conseguenza più probabile, di cui dovranno tenere conto eventuali misure di sostegno settoriale, sarà quella di una deviazione commerciale su scala globale: le aziende americane, di fronte a costi più elevati per i prodotti europei, potrebbero orientarsi verso fornitori alternativi, ridisegnando catene del valore che si erano consolidate nel corso di decenni. 

In altri termini, non è escluso che lo scenario commerciale del futuro favorirà l’emergere di nuovi hub produttivi e logistici e che alcuni settori del made in Italy siano sostanzialmente costretti a diversificare i propri mercati di sbocco, puntando maggiormente su Asia-Pacifico, Africa e America Latina. La capacità di adattamento e la velocità nel trovare partnership alternative saranno probabilmente determinanti per la sopravvivenza competitiva delle imprese italiane.

Di qui, una riflessione conseguente: l’attesa per le misure di sostegno governative rischia di diventare un pericoloso temporeggiamento per le imprese più colpite dai dazi, chiamate invece ad agire rapidamente, in assenza di certezze politiche, per non perdere definitivamente terreno nella nuova era del commercio internazionale. 

Le strategie migliori per gli imprenditori

Un ruolo attivo non potrà tuttavia che essere demandato agli stessi imprenditori, considerato che una pianificazione doganale accorta può offrire strumenti concreti per mitigare l’impatto dei dazi. Secondo Pier Paolo Ghetti, partner e global trade advisory leader di Deloitte Italia, diventa strategico adottare una strategia di diversificazione dei mercati di vendita e dei Paesi di approvvigionamento, riducendo l’esposizione da singole aree geografiche.

In tal senso, le azioni suggerite includono certamente una mappatura completa dei Paesi di sourcing e dei mercati di destinazione, con identificazione delle categorie di prodotto e analisi dettagliata dei dati di classificazione e origine doganale. Fondamentale anche la valutazione di scenari alternativi, nella considerazione delle nuove tariffe e delle potenziali misure di ritorsione.

Le imprese possono inoltre sfruttare diversi meccanismi di ottimizzazione del carico daziario, come il “duty drawback” per il rimborso dei dazi, la “first sale rule” che permette di utilizzare come valore tassabile il prezzo della prima vendita anziché quello finale, o la riallocazione produttiva mirata verso Paesi che offrono vantaggi tariffari.

Prepararsi a uno scenario complesso

L’accordo è solo il primo passo di un percorso lungo, che per le imprese italiane richiederà monitoraggio costante e adattamenti continui. I dettagli specifici su alcuni settori dovranno essere definiti nelle prossime settimane, in particolare per i prodotti agroalimentari esentati dai dazi e il sistema di quote per acciaio e alluminio.

Le imprese dovranno pertanto prepararsi a un contesto commerciale più complesso, in cui la capacità di gestire correttamente il diritto doganale non dovrà essere considerato solo un mero obbligo di conformità normativa, bensì un valore aggiunto strategico per mantenere competitività sui mercati internazionali.

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Roberto Rais

Giornalista e autore

Giornalista e autore, consulente e coordinatore editoriale, collabora con agenzie di stampe e società editoriali italiane ed estere specializzate in economia e finanza, gestione di impresa e organizzazione aziendale.

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