Più volte la premier Giorgia Meloni, sin dalla sua campagna elettorale, ha ribadito che tra la priorità del governo ci sia la riduzione delle tasse per il ceto medio. Ad oggi l’unica ipotesi è quella di un parziale taglio dell’IRPEF, a cui si aggiunge la possibilità di una detassazione degli straordinari in busta paga.
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Cos’è il ceto medio?
Con il termine “ceto medio” si intende il gruppo socio-economico intermedio. Si tratta di un gruppo eterogeneo, di cui fanno parte figure professionali come impiegati, artigiani, commercianti, professionisti, quadri e funzionari, sia nel settore pubblico che privato.
In Italia il ceto medio è spesso identificato con i gruppi con reddito che va dai 15-20 mila ai 60 mila euro. Il fatto di stare “al centro” tra ricchi e meno abbienti non significa necessariamente godere di solidità economica: contratti di lavoro non stabili, rischi imprenditoriali, cambiamenti del mercato, inflazione e impossibilità di accesso al welfare e ai vari bonus possono rendere il recesso inevitabile. Tanto che – stando ai dati di Demos per Repubblica – soltanto il 45% degli italiani si collocherebbe nel ceto medio, contro il 60% del 2006. A ritenersi tali, poi, più che altro gli anziani che possono contare sulla pensione.
Le tasse del ceto medio e la rottamazione delle cartelle
Oltre a investire nell’istruzione, ad aprire attività imprenditoriali, creare occasioni di guadagno per terzi – che difficilmente troverebbero spazio nel pubblico – e a contribuire al settore immobiliare, investendo nel mattone i risparmi, il ceto medio è quello che più di tutti contribuisce al mantenimento dello Stato. Il 64% dell’IRPEF complessiva è pagata proprio dalla “classe di mezzo”, che di fatto si fa carico anche di chi evade le tasse.
Al vaglio del governo, nell’ambito della manovra fiscale 2026, c’è pure una “carezza” per chi dovesse regolarizzare la propria posizione con il Fisco. La rottamazione quinquies delle cartelle di pagamento potrebbe consentire di beneficiare di sconti su sanzioni e interessi, riducendo così l’importo complessivo dovuto e permettendo una gestione più sostenibile del debito accumulato tra il 2000 e il 2023. La rateizzazione fino a 120 rate mensili – dunque fino a 10 anni e senza decadenza, fino a 8 rate saltate – escluderebbe i cosiddetti “furbetti”.
Taglio IRPEF 2025, come funziona
La nuova manovra fiscale dovrebbe contenere anche un’altra novità di cui si sta parlando in questi giorni: la riduzione dell’IRPEF per il ceto medio. Attualmente, le aliquote IRPEF per dipendenti e partite IVA sono strutturate così:
- 23% fino a 28 mila euro;
- 35% tra 28 mila e 50 mila euro;
- 43% sopra i 50 mila euro.
La misura che sta prendendo quota prevede che l’aliquota intermedia (oggi al 35%) venga ridotta al 33% per i redditi medi. Si sta valutando anche l’allargamento dello scaglione intermedio da 50 mila a 60 mila euro, includendo quindi la fascia di contribuenti oggi tassata al 43%.
Quanto si risparmia con il taglio IRPEF 2025? Il calcolo
Il taglio IRPEF riuscirà a offrire una sostanziosa boccata d’ossigeno al ceto medio, come promesso? Ecco il calcolo del risparmio su diverse fasce reddito:
- reddito di 30 mila euro → risparmio stimato di circa 40 euro annui;
- reddito di 40 mila euro → risparmio di circa 240 euro annui;
- reddito di 50 mila euro → risparmio stimato di circa 440 euro annui;
- reddito tra 50 mila e 60 mila euro → risparmio fino a 1.440 euro annui, nei casi migliori.
Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it