Dal 1° settembre 2025 per i buoni pasto ci sarà il tetto massimo del 5% delle commissioni che le società che emettono i buoni possono applicare a tutti gli esercizi commerciali che li accettano. La norma, contenuta del ddl concorrenza, è stata accolta con favore da supermercati e bar, ma potrebbe nascondere delle insidie per il welfare aziendale delle imprese che li forniscono ai dipendenti.
Buoni pasto, cosa cambia
La regola era già in vigore nel settore pubblico, ma non nel privato. Adesso tutte le società emettitrici di buoni pasto non potranno chiedere più del 5% di commissioni – rispetto al valore nominale del buono – agli esercenti che consentono gli acquisti con i ticket. I contratti firmati tra esercenti ed emittenti dovranno essere riconvertiti entro il 31 agosto, mentre i buoni già emessi resteranno validi con le vecchie commissioni fino al 31 dicembre 2025. Una buona notizia senza dubbio per la grande distribuzione, ma potrebbe esserlo meno per le imprese.
I rischi per il welfare aziendale
Attualmente le imprese che forniscono i buoni pasto ai dipendenti li acquistano a prezzo scontato dagli emittenti, i quali poi recuperano la differenza dagli esercenti. Saltando questo meccanismo, il costo dei voucher potrebbe essere maggiorato, costringendo le imprese a effettuare tagli sul welfare aziendale. Secondo l’Associazione nazionale società emettitrici di buoni pasto (Anseb), i costi per le aziende clienti potrebbero essere maggiorati dal 6% in su. Dunque, per i lavoratori teoricamente non dovrebbe cambiare nulla, ma nella pratica potrebbe andare diversamente.
Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it