Il settore del marketing continua a crescere in Italia, insieme a quello della comunicazione. E continua a lievitare anche lo stipendio dei marketers, che può raggiungere anche gli 80 mila euro l’anno, grazie al moltiplicarsi delle opportunità professionali, tra digitalizzazione, e-commerce e una vera e propria esplosione di contenuti online. Basti pensare che il 13% degli influencer fattura più di 5 mila euro al mese.
Lavorare nel marketing nel 2026 è dunque una scelta conveniente per gli appassionati che fossero alla ricerca di un’occupazione. Ma come fare e quali sono le figure più richieste?
Partitaiva.it ha analizzato i dati più recenti relativi a advertising, consulenza, digital agency, servizi corporate e piattaforme tecnologiche per scoprire i ruoli più ricercati, le RAL corrispondenti (e a cui fare obbligatoriamente riferimento a partire dal 2026 negli annunci di lavoro) e le opportunità concrete di guadagno.
Indice
- Marketing, pubblicità e PR in Italia: un giro d’affari da 15,2 miliardi di euro
- Lavorare in marketing e comunicazione nel 2026: le figure più richieste
- Quanto si guadagna nel marketing? Stipendio medio per ruolo, seniority e regione
- Trovare lavoro nel marketing e farsi assumere: i consigli di Agnese Vellar
- Diventare freelance: l’esperienza di Giuliana Laurita
Marketing, pubblicità e PR in Italia: un giro d’affari da 15,2 miliardi di euro
Marketing e comunicazione non sono la stessa cosa. A spiegarlo a Partitaiva.it è Giuliana Laurita, strategist e formatrice: “Marketing significa posizionamento competitivo, conversione, ROI, orizzonti che partono dal breve periodo. La comunicazione è costruzione di significato, identità culturale, fiducia e orizzonti del brand per il lungo periodo – dice -. Entrambi necessari e non interscambiabili, devono lavorare insieme, altrimenti non funziona, soprattutto nel lungo termine”.
Trattandosi di due settori spesso accorpati, per avere un’idea fedele sul giro d’affari occorre considerarli insieme. I dati 2024 di Media Hub UNA indicano che gli investimenti pubblicitari da parte delle aziende sono arrivati a chiudere un giro d’affari di oltre 10 miliardi di euro. Se a ciò si aggiunge una serie di altri contenuti digitali e servizi interconnessi – così come definito da Anitec-Assinform – il segmento contenuti e pubblicità digitale fa lievitare il giro d’affari fino a 15,2 miliardi di euro soltanto in Italia, con un incremento del 5,5% rispetto al 2023.
Le previsioni per il 2026
Le previsioni indicano che il solo segmento dell’internet advertising in Italia raggiungerà 6 miliardi di euro già alla fine del 2025 e che il mercato pubblicitario complessivo crescerà a un ritmo di circa +4-5% annuo nel prossimo quinquennio.
Guardando al 2026, i ruoli del marketing saranno sempre più ibridi tra creatività, dati e AI, impegnati nella crescita del social commerce, soprattutto su TikTok, Instagram e YouTube shopping a fronte di un calo della reach organica e in favore di investimenti in adv video e micro-creator.
Va da sé che, se le aziende investiranno sempre di più in comunicazione digitale, automazioni, CRM e strategie data-driven, i ruoli digital-marketing più richiesti potrebbero vedere un aumento della domanda e di conseguenza della retribuzione. Un trend che rende il settore uno dei più interessanti sotto il profilo degli stipendi e delle opportunità professionali.
Lavorare in marketing e comunicazione nel 2026: le figure più richieste
Tanto per entrare nell’ordine delle idee dell’aumento degli investimenti aziendali nel settore, al momento su LinkedIn le offerte attive per la parola-chiave “marketing” in Italia sono circa 48.000. Su Indeed la ricerca generale “marketing” restituisce oltre 2.800 annunci alla data di oggi. Senza dubbio l’ampio ventaglio di ruoli a disposizione contribuisce ad aumentare le opportunità lavorative e di specializzazione sul campo possibili.
Accanto alle figure tradizionali di marketing specialist, event manager e brand manager, oggi crescono con forza le figure digitali di: AI marketing specialist, digital marketing specialist, content strategist & copywriter, social media manager, SEO & SEM specialist, web analyst/data specialist, marketing automation specialist, digital project manager, growth marketing manager, influencer & paid media specialist.
Anche nei dipartimenti marketing aziendali sta emergendo con decisione la domanda per profili analitici come CRM specialist, marketing analyst e marketing automation manager ovvero figure che lavorano ogni giorno tra dati, funnel e piattaforme cloud, vista la crescente necessità delle imprese di distinguersi nella competizione digitale.
L’influencer marketing punta (anche) sui micro-influencer
La richiesta delle figure legate all’influencer marketing è ormai inarrestabile. Il settore, in Italia, vale ormai quasi 308 milioni di euro (dati 2024 dell’osservatorio influencer marketing dell’università IULM). A trainarlo sono soprattutto i ruoli di influencer specialist, creator manager, social media strategist e paid media manager, che aiutano le aziende a coordinare le campagne più disparate sulle principali piattaforme social a disposizione.
I leader indiscusso è Instagram, seguito da TikTok che, con oltre 17 milioni di utenti attivi in Italia, viene scelto per i contenuti video brevi, e YouTube, fondamentale per creator specializzati in tutorial, recensioni e contenuti long-form.
Non a caso, come segnala Talent Garden, le figure che lavorano in ambito paid media e collaborazione con creator rientrano tra le più richieste del digital marketing. Questo in ragione del fatto che brand e PMI cercano professionisti capaci di individuare creator adatti, negoziare contratti, analizzare KPI reali (ovvero indicatori di performance quali reach, engagement, conversioni) e coordinare campagne cross-platform.
È un mercato in cui la domanda continua a crescere perché gli influencer, micro o macro che siano, rappresentano uno dei canali più efficaci per raggiungere target giovani che tendono ad evitare gli spazi pubblicitari tradizionali.
Quanto si guadagna nel marketing? Stipendio medio per ruolo, seniority e regione
I dati più recenti mostrano una fotografia eterogenea, con grandi differenze tra junior e senior, tra ruoli digitali e tradizionali, e tra città. Secondo il report CREBS 2025, un assistente marketing guadagna in media tra 22 mila e 35 mila euro l’anno, mentre un marketing specialist si colloca intorno a 30 mila euro. Le figure più digitali restano molto richieste: un digital marketing specialist ha una media di circa 26.750 euro annui secondo PayScale, mentre i professionisti più avanzati come performance marketer o SEO specialist possono superare i 40 mila euro con qualche anno di esperienza.
Con la crescita prevista del digital advertising in Italia (circa +4% annuo fino al 2027 secondo IAB Europe), è probabile che le figure del marketing digitale vedranno un incremento salariale, soprattutto nei ruoli più tecnici e integrati con l’AI.
La differenza più marcata emerge sui ruoli manageriali: secondo Glassdoor, un marketing manager in Italia guadagna in media 52.200 euro, con punte che superano i 70 mila euro in grandi aziende e fino a oltre 80 mila euro, secondo alcune stime internazionali. Milano resta la città con le retribuzioni più elevate, seguita da Roma e dai poli del nord Italia, dove sono concentrate le principali agenzie e multinazionali.
Trovare lavoro nel marketing e farsi assumere: i consigli di Agnese Vellar
Per cominciare a lavorare nel settore non basta una laurea in comunicazione o economia: oggi servono competenze operative, portfolio progetti e familiarità con strumenti digitali. Chi vuole farsi assumere deve dimostrare capacità reali come campagne create, contenuti pubblicati, analisi dati, funnel costruiti, certificazioni Google o Meta.
Agnese Vellar è consulente per il marketing e l’innovazione e illustra il punto di vista aziendale nei confronti dei candidati che si propongono per far parte del team. “Le aziende ai team di marketing chiedono sempre la stessa cosa: strategia e operatività per raggiungere efficacemente gli obiettivi di business attraverso posizionamento, awareness e demand generation – fa sapere -. Si tratta di attività da decenni condotte con metodi come il performance marketing e il community building, passando dal content marketing all’account based marketing”.

“Oggi però siamo in un contesto di fortissima destabilizzazione – precisa Vellar – tra la difficoltà sempre maggiore a sviluppare strategie basate su piattaforme di terze parti, l’oscillazione dei costi derivata dalle crisi geopolitiche, la disruption portata dall’AI. I team marketing devono puntare sempre di più su strategie di costruzione di community attraverso canali online, ma senza perdere la dimensione della vicinanza umana. Concretamente significa sviluppare il più possibile relazioni forti con i clienti, attraverso l’organizzazione di eventi fisici, l’ottimizzazione dei canali di comunicazione proprietari anche one-to-one come le e-mail e strategie di personal branding”.
Le competenze più richieste
Quali sono le competenze più richieste? L’esperta non ha dubbi: “Futures thinking e AI fluency. Capacità di immaginare il futuro e relazione con i sistemi di AI, saper scegliere le attività da affidare loro, dialogare con loro per arrivare al risultato desiderato, verificare che il contenuto prodotto sia di qualità e che il processo e il risultato siano allineati alla propria etica professionale e umana. Perché l’AI non ha un’etica intrinseca, chi fa marketing deve averla e farsi guidare da essa in qualunque scelta e azione”, spiega.
Diventare freelance: l’esperienza di Giuliana Laurita
Avviare una carriera autonoma nel marketing può essere una scelta vincente, soprattutto per chi possiede competenze digitali verticali. Per iniziare servono portfolio, posizionamento chiaro, sito personale, presenza su LinkedIn e capacità di presentare un’offerta professionale coerente.
“C’è spazio e reddito ancora per tanti nel settore – fa sapere Giuliana Laurita, strategist e formatrice di comunicazione e GenAI -. Ma un’attività da freelance, secondo la mia esperienza, può essere avviata solo dopo un’esperienza di azienda (o agenzia). Perché lavorare in un’organizzazione consente di capire quali sono le relazioni tra le diverse funzioni e, appunto, i diversi mestieri”.

“Tutti i freelance hanno bisogno della loro ‘tribù’ (per esempio per passarsi un lavoro che non si può fare, per problemi di tempo o di specializzazione), e poi i primi contatti sono quasi sempre su passaparola – continua -. E intanto si lavora sul proprio posizionamento. Da questo punto di vista, LinkedIn è la prima cosa. E newsletter, incontri fisici a tema. Insomma, bisogna farsi vedere”.
Farsi conoscere e lavorare per le imprese
La cosa più interessante è che molte PMI non hanno un reparto marketing interno e si affidano a consulenti esterni in modo continuativo. Una volta costruito un pacchetto clienti, più o meno nutrito, allora è possibile spiccare il volo. Ma conviene restare generalisti o è preferibile scegliere una nicchia? “Sicuramente la nicchia, che è il proprio posizionamento – puntualizza la strategist -. Se ti conoscono come ‘quell* della strategia’ o ‘quell* dell’adv’ è molto più facile, appunto, rimanere nella testa delle persone e dei potenziali clienti”.
Per “farsi vedere” esiste il web, ma esistono anche altre attività che possono aiutare a raggiungere l’obiettivo. “La vera differenza per me l’ha fatta scrivere un libro sulla strategia digitale, il primo uscito in Italia, che mi ha dato sia visibilità che autorevolezza. All’inizio ero io a propormi a scuole e academy ma, da quel momento in poi, sono le strutture di formazione che hanno iniziato a chiamarmi – racconta -. Ho coordinato pure un master IED, un’esperienza meravigliosa a seguito della quale ho potuto aumentare il numero di clienti”.













Natalia Piemontese
Giornalista