Transizione 5.0 confermato fino al 2028: cosa cambia e i fondi in arrivo

Le comunicazioni inoltrate rimarranno valide e gestite in base all'ordine cronologico di invio.

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La manovra 2026 proroga il piano Transizione 5.0 fino al 2028. La misura, ancora attiva, ha già registrato il massimo delle richieste di accesso agli incentivi. A fronte del forte interesse emerso, quindi, il governo ha deciso di rifinanziare il piano. Anche in questo caso i fondi verranno utilizzati per la digitalizzazione, la sostenibilità energetica e l’innovazione tecnologica delle imprese. Tuttavia, non si tratta di una semplice proroga, perché il nuovo schema è più snello, ma anche più selettivo.

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Manovra 2026, nuove risorse per il piano Transizione 5.0

Il rifinanziamento non attinge solo ai residui del PNRR, ormai in fase di esaurimento per quanto riguarda gli obiettivi di digitalizzazione. Il governo ha infatti stanziato circa 1,3 miliardi di euro aggiuntivi, a cui si sommano le risorse liberate dalla rimodulazione dei fondi strutturali e del RepowerEU. Questi capitali sono destinati a coprire il minor gettito derivante dall’iper-ammortamento nel triennio 2026-2028, garantendo che ogni impresa che rispetti i requisiti tecnici possa effettivamente beneficiare dell’agevolazione senza timore di click-day o esaurimento fondi repentino.

Il piano, ricordiamolo, si basa sulla concessione di un credito d’imposta gli investimenti che garantiscono una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% a livello di struttura produttiva o, in alternativa, del 5% a livello di processo interessato. Ma non solo, il riconoscimento è subordinato all’invio e all’accoglimento di un’apposita domanda da parte delle imprese interessate e in possesso dei requisiti.

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Nuova apertura delle domande

In teoria, le domande sono aperte fino al 31 dicembre 2025. In pratica, i fondi messi a disposizione per questi interventi sono già esauriti. Pertanto, per assicurare che le imprese che hanno già avviato o programmato investimenti non restino escluse per mancanza di fondi, il piano Transizione 5.0 verrà finanziato nuovamente dalla manovra 2026. E, secondo quanto anticipato dal ministero, le comunicazioni inviate la fine del 2025 rimarranno valide e saranno gestite in base all’ordine cronologico di invio, non appena verranno reperite nuove risorse.

Inoltre, il Governo sta lavorando a una nuova misura, integrata al piano. In questo modo vuole ampliare la platea dei beneficiari e favorire la piena attuazione degli investimenti green e digitali.

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Cosa cambia per le imprese

Con la manovra 2026, il termine originario del 31 dicembre 2025 (e la finestra di consegna al giugno 2026) per accedere al piano transizione 5.0 viene spostato al 30 settembre 2028, ma con alcune modifiche. La novità più rilevante è il ritorno a un meccanismo di iper-ammortamento. Se il Piano 5.0 iniziale (2024-2025) si basava sul credito d’imposta compensabile in F24, la nuova fase 2026-2028 punta sulla maggiorazione del costo fiscale del bene. Cosa significa per l’imprenditore? Invece di ottenere un credito da spendere subito, l’impresa potrà dedurre quote di ammortamento molto più elevate, riducendo l’imponibile IRES/IRPEF.

Le nuove aliquote di maggiorazione sono così strutturate: 180% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro; 100% per la quota di investimenti tra 2,5 e 10 milioni di euro; 50% per investimenti oltre i 10 milioni e fino a 20 milioni di euro.

Inoltre, nella versione del PNRR, le agevolazioni erano subordinate al risparmio energetico certificato. Il nuovo schema elimina il binario green obbligatorio. Le aliquote sopra citate diventano uniformi per tutti i beni strumentali 4.0/5.0. Questo riduce il carico burocratico, perché non sarà più necessario presentare complesse perizie ex-ante ed ex-post sul risparmio energetico per accedere alle aliquote base, sebbene l’attenzione all’efficienza resti un driver implicito per la competitività aziendale.

Infine, è previsto un nuovo vincolo di territorialità. Per accedere ai nuovi incentivi, i beni strumentali devono essere prodotti all’interno dell’Unione europea o in paesi aderenti allo spazio economico europeo (SEE). La mossa, volta a sostenere la filiera tecnologica UE, obbliga i responsabili acquisti a una verifica rigorosa della provenienza dei macchinari.

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