Con la bozza della legge di Bilancio 2026, approvata lo scorso venerdì sera in Consiglio dei ministri e bollinata dalla Ragioneria di Stato, il Governo prevede alcune novità sul welfare aziendale. Tra queste, il raddoppio delle soglie per i fringe benefit esentasse, cioè per quei compensi offerti dal datore di lavoro, sotto forma di beni o servizi, quali buoni pasto, auto aziendali, polizze assicurative o rimborsi bollette. Adesso la norma è nelle mani del parlamento e, fino al 31 dicembre, potrà essere oggetto di modifiche. Tutti i consigli degli esperti sui prossimi scenari.
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Fringe benefit esentasse, soglie più alte: le principali novità
“Le principali novità riguardano l’innalzamento delle soglie di esclusione dal reddito da lavoro dipendente per i fringe benefit: dagli attuali 1.000 euro annui per tutti i lavoratori a 2.000 euro per chi ha figli a carico, fino a un possibile ulteriore raddoppio a 2.000 e 4.000 euro”, spiega a Partitaiva.it l’avvocato Francesco Rotondi.

Inoltre, il regime di esenzione si confermerebbe anche per il rimborso delle utenze domestiche, così come per le spese relative alla prima casa, inclusi affitto e mutuo, in continuità con quanto previsto dai precedenti interventi normativi. “Un orizzonte triennale (2025-2027) – sottolinea l’esperta Chiara Costantino –, consente alle imprese una maggiore continuità nella pianificazione e nella gestione dei piani di welfare. Tra le misure c’è l’idea di confermare la tassazione agevolata al 5% (invece che al 10%) per i premi di risultato e introduce criteri aggiornati per il calcolo del valore dei benefit legati alle auto aziendali, premiando i veicoli a basse emissioni”.
Verso un nuovo equilibrio tra flessibilità e benessere
Secondo l’avvocato Rotondi, si tratta di un’evoluzione che richiede una riflessione terminologica. “Premesso che la distinzione tra fringe benefits e welfare aziendale sia concettualmente labile, trattandosi in entrambi i casi di emolumenti in natura fiscalmente esenti, e che nello stesso testo legislativo ormai si confondono i beni e servizi di welfare aziendale con i fringe benefits in natura”, precisa.
La bozza prevede inoltre un rafforzamento della struttura fiscale tramite strumenti sanitari integrativi. “Una seconda novità riguarda le esenzioni contributive parziali che si vogliono introdurre per le forme di assistenza sanitaria integrativa, per i contributi versati a polizze sanitarie aziendali e fondi integrativi sanitari. In una logica che contempera il favore per la formazione del personale e la riduzione del costo del lavoro si collocano poi gli incentivi fiscali per le spese di formazione dei lavoratori agili – aggiunge l’avvocato -. Ma la novità forse più importante è quella che prevede l’introduzione di massimali annui per la somma dei welfare esenti per dipendente (es. plafond complessivo oltre il quale scatta la tassazione): soprattutto se tale plafond includerà tutte le forme di welfare o previdenza contrattuale”.
In un contesto segnato da inflazione e stagnazione salariale, l’espansione dei benefit è letta anche come uno strumento di sostegno ai consumi. “La misura è stata criticata per aver confuso il welfare con la retribuzione – aggiunge l’avvocato Rotondi – ma in una situazione di bassi salari, sostenere il potere d’acquisto ha comunque un valore sociale rilevante”.
Frige benefit esentasse, il rischio della “monetizzazione” del welfare
Resta però centrale la questione culturale: l’efficacia delle misure dipenderà dall’utilizzo strategico che le imprese sapranno farne. “L’innalzamento delle soglie esenti apre opportunità concrete – suggerisce Chiara Costantino, esperta di consulenza legale -, ma il rischio è che i benefit diventino una semplice erogazione monetaria, senza reale impatto sul benessere dei dipendenti”. Secondo l’esperta, è essenziale non perdere di vista la finalità originaria del welfare. “Per i lavoratori significa un maggiore potere d’acquisto reale: una parte di beni o servizi, dalle utenze domestiche al canone di locazione o al mutuo della prima casa, può essere rimborsata senza imposte né contributi previdenziali”, aggiunge. Secondo Cosentino, “si tratta di un vantaggio significativo, ma va ricordato che gli strumenti di welfare non dovrebbero essere valutati solo in chiave economico-remunerativa né sostituire una retribuzione adeguata. Al contrario, vanno considerati come strumenti aggiuntivi volti a incrementare il benessere del lavoratore”.

“Il welfare aziendale funziona pienamente quando è parte di una strategia organica: servizi di conciliazione vita-lavoro, formazione, sostegno alla genitorialità o alla salute mentale possono trasformare i fringe benefit da vantaggio economico a strumento di valorizzazione delle persone – spiega a Partitaiva.it -. In altre parole, le misure fiscali aprono la porta, ma spetta alle imprese progettare percorsi concreti di benessere e coinvolgimento”.
Criticità operative: soglie, documentazione e contrattazione
Dal punto di vista operativo, le nuove regole comportano una maggiore complessità nella gestione aziendale dei piani di welfare. “Una delle questioni più delicate – fa sapere l’avvocato Rotondi – riguarda la corretta qualificazione dei benefit. Se l’Agenzia delle Entrate li considera emolumenti retributivi, scatta la piena tassazione e contribuzione. Le aziende dovranno prestare la massima attenzione”. Un ulteriore nodo riguarda l’applicazione dei contratti collettivi, in particolare per i fondi sanitari integrativi. “Occorre garantire che la fonte istitutiva del fondo sia correttamente richiamata e applicata nel rapporto di lavoro”, aggiunge l’avvocato Francesco Rotondi.
I documenti da conservare
L’esperta Costantino, sottolinea poi l’importanza della gestione documentale. “Il superamento delle soglie di esenzione comporta l’imponibilità dell’intero importo – suggerisce -. È quindi necessario un monitoraggio puntuale delle erogazioni e la conservazione delle autocertificazioni dei dipendenti, ad esempio per attestare la presenza di figli a carico”. Anche la determinazione del valore dei beni e servizi erogati rientra tra gli aspetti sensibili. “Un altro elemento riguarda la determinazione del valore dei beni e servizi, che deve riflettere il prezzo di mercato effettivo o mediamente praticato, come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 16 maggio 2025”, continua.
Infine, uno sguardo al futuro. “Occorre guardare già oggi al 2026: è probabile che vengano introdotte modifiche o aggiustamenti, con limiti o criteri più selettivi. Le aziende dovrebbero quindi costruire i propri piani welfare in modo flessibile e sostenibile, integrando strumenti di gestione, procedure e comunicazione interna, così da garantire sia la conformità normativa sia l’effettivo impatto sul benessere dei dipendenti”, concude.













Cristina Siciliano
Giornalista e scrittrice