L’intelligenza artificiale ha rivoluzionato tutti i settori ed è entrata con forza nel mondo dei liberi professionisti e delle partite IVA. Secondo una recente indagine, otto professionisti su 10 usano strumenti di AI per semplificare il lavoro quotidiano, risparmiare tempo e aumentare produttività e competitività. Al netto dei dubbi e dei timori – sulla perdita dei posti di lavoro e delle competenze e sull’efficacia dell’AI Act nel proteggere dai rischi – quanto si risparmia davvero e quali sono i costi dell’intelligenza artificiale per i professionisti?
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Quanto tempo si risparmia usando l’AI
La recente indagine della tech company Fiscozen conferma la portata del fenomeno: l’80% delle partite IVA utilizza l’AI per semplificare il lavoro di tutti i giorni. Il 60%, poi, sfrutta questi sistemi più volte a settimana per velocizzare le attività e aumentare la propria competitività. Il tempo risparmiato ogni anno ammonterebbe tra le 260 e le 500 ore di lavoro. “L’indagine conferma una tendenza che si osserva anche a livello europeo: l’AI non è più appannaggio delle grandi aziende, ma diventa uno strumento quotidiano per liberi professionisti, creativi e tecnici”, conferma a Partitaiva.it Valeria Lazzaroli, Chairperson ENIA (Ente Nazionale Intelligenza Artificiale).
I professionisti che usano di più l’intelligenza artificiale
I principali ambiti di utilizzo dell’AI per le partite IVA riguardano la produzione di contenuti, l’analisi di mercato, la pianificazione delle attività e persino il supporto nelle decisioni strategiche. I professionisti che usano di più l’intelligenza artificiale sono infatti i marketer, grafici, videomaker, fotografi, sviluppatori, creator e social media manager. Ma lo scenario si allarga anche a categorie meno “digitali”: psicologi, avvocati, ingegneri, giornalisti e commercialisti. Per loro, l’AI rappresenta soprattutto tempo guadagnato, da reinvestire nella cura dei clienti o nello sviluppo di nuove competenze. “Penso a un architetto che deve redigere relazioni tecniche o a un consulente che prepara report per i clienti: oggi gli strumenti di AI consentono di estrarre dati, organizzarli e generare una bozza strutturata in pochi minuti”, fa sapere Lazzaroli.
Quanto costa l’AI? Gli abbonamenti e i “costi nascosti”
La storia dimostra come che ogni grande innovazione tecnologica ridistribuisca le competenze: dalla rivoluzione industriale all’avvento di internet, le professioni non sono scomparse, ma si sono evolute. Potrebbe accadere lo stesso anche con l’avvento dell’AI. L’intelligenza artificiale è “democratica”? Per usarla occorre non solo pagare una licenza, ma anche ripensare i processi di lavoro, rafforzare la sicurezza dei dati e garantire la conformità normativa. Tutte questioni che richiedono un’adeguata preparazione. Così, accanto ai vantaggi dell’AI, si mostrano immediatamente i suoi “costi invisibili” che esulano dagli abbonamenti e che riguardano la formazione per imparare a porre le domande corrette, a verificare le risposte, a integrarle nel proprio flusso di lavoro.
Certo, l’abbonamento si può anche disdire a proprio piacimento e fare a meno dello strumento e anche della formazione. Ma una volta inserito nella propria quotidiana, diventa sempre più difficile liberarsene: il rischio di cadere nella dipendenza cognitiva è elevato: “Quando demandiamo all’AI attività che prima facevamo manualmente, corriamo il rischio di indebolire alcune competenze di base”, avverte l’esperta.
L’AI mette a rischio i posti di lavoro?
Uno dei timori più diffusi tra i lavoratori è quello di perdere la propria occupazione in favore dell’AI. Un timore comprensibile che, secondo Valeria Lazzaroli, andrebbe ridimensionato. “L’AI non ruba lavoro a chi sa trasformarla in alleata – precisa -. Il vero rischio è l’inerzia: chi rimane fermo sarà superato. Chi invece impara a dialogare con le macchine continuerà ad avere un ruolo centrale, proprio perché capace di orientarle verso soluzioni sensate e umane”.
Regole del gioco: l’AI Act e la responsabilità dei professionisti
Il nuovo AI Act approvato in Italia stabilisce regole precise sull’uso dell’intelligenza artificiale: principi di trasparenza, protezione dei dati personali e accuratezza che toccano da vicino anche i liberi professionisti. “L’AI è spesso avvolta da un clima di diffidenza che nasce dalla scarsa conoscenza e da una narrazione distorta – spiega a Partitaiva.it Fulvio Julita, autore del libro ‘Scrivere con l’AI‘ – . Non è una scorciatoia e nemmeno un trucco, ma uno strumento che aumenta l’efficacia del lavoro, permette di fare scelte migliori e con più dati a disposizione”.
A proposito delle paure rispetto allo strumento, l’esperto sostiene si tratti soltanto di una fase transitoria. “Con il tempo, quando la consapevolezza sarà più matura, arriveremo a guardare con sospetto chi si rifiuta di integrare l’AI nel proprio lavoro”, commenta.
Formazione e nuove competenze: la vera sfida
Per Julita, la formazione resta la leva decisiva: “L’AI va capita, studiata, testata. Il futuro non si gioca sulla velocità, ma sulla qualità. E la qualità passa dalla competenza, alimentata da conoscenza e pratica”. L’intelligenza artificiale non ridurrebbe soltanto i tempi, ma garantirebbe pure l’accesso a strumenti che, fino a poco tempo fa, erano appannaggio delle grandi strutture. Per una partita IVA ciò si traduce nel poter scrivere bozze di email, preventivi, articoli, progetti e presentazioni in modo più rapido e professionale.
Accanto alla produttività, per Lazzaroli l’AI favorirebbe persino la creatività, suggerendo varianti inaspettate e aprendo nuove prospettive. A patto che, però, venga utilizzata “bene”. “La vera sfida – sottolinea Lazzaroli – è la crescita di competenze. L’AI moltiplica la produttività solo se chi la usa è capace di interpretare i risultati, capirne i limiti e inserirla in una strategia. Non basta avere l’AI: serve un professionista che sappia governarla“.
Laura Pellegrini
Giornalista e content editor