Italia paradiso fiscale? L’elenco dei Paesi in cui si pagano meno tasse nel mondo

Per l'avvocato Salvatore Mistretta non esiste un "paradiso fiscale" per eccellenza, ma il Paese più adatto alle proprie specifiche esigenze.

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Italia è un paradiso fiscale? La domanda sorge spontanea dopo gli strascichi di una polemica che non sembra essersi spenta del tutto. L’accusa di dumping fiscale rivolta da François Bayrou non è proprio andata giù al governo Meloni. Il premier francese ha puntato il dito contro il Belpaese e contro il presunto tentativo di ammaliare ricchi stranieri con politiche fiscali vantaggiose. 

Qualcuno ha sussurrato che dietro queste affermazioni ci sarebbe l’amara constatazione da parte dei francesi che la Francia sia la nuova Italia: instabilità del governo e debito pubblico asfissiante starebbero mettendo a dura prova i nervi dei francesi. Ma è stato davvero solo un crollo nervoso quello che si è consumato a Parigi oppure l’accusa di praticare un gioco scorretto è fondata? Grazie al contributo di esperti in fisco estero, Partitaiva.it ha provato a capire se davvero l’Italia rappresenta una “isola felice” e a stilare l’elenco dei paradisi fiscali, ovvero dei Paesi in cui si pagano meno tasse nel mondo.

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Italia paradiso fiscale per paperoni: come funziona la flat tax

Super sconti sulle tasse per convincere i paperoni di tutto il mondo a trasferirsi proprio nello Stivale: è questa la promessa lusinghiera che ha fatto imbestialire la Francia e che farebbe dell’Italia un paradiso fiscale. 

L’agevolazione fiscale riservata ai redditi molto elevati è in vigore in Italia già dal 2017 (governo Renzi). Prevede una tassazione estremamente competitiva per attrarre stranieri con redditi e patrimoni ingenti. Questo, secondo Parigi, favorirebbe il cosiddetto “nomadismo fiscale”: pagare meno tasse diventa l’imperativo categorico che orienta e condiziona in modo determinante la scelta della propria residenza fiscale.

La cosiddetta flat tax per i paperoni funziona secondo quanto definito dai commi 152-159 della legge 232/2016Prevede il pagamento di un’imposta forfettaria sui redditi prodotto all’estero che inizialmente era stata fissata in 100.000 euro come ricorderà bene, ad esempio, Cristiano Ronaldo che ne ha beneficiato durante il suo trasferimento alla Juventus nel 2018. Il contributo, con il decreto Omnibus 113 del 9 agosto voluto dall’Esecutivo di centrodestra, è salito a 200.000 euro.

Il governo italiano ha già aperto il grande cantiere della legge più attesa dell’anno: la manovra di bilancio.  E starebbe già lavorando a un’ulteriore modifica della misura che punti a vincolare l’agevolazione fiscale a un livello minimo di investimenti da effettuare, rigorosamente, sul territorio italiano. Ciò allo scopo di ottenere benefici tangibili per l’economia reale.

La pressione fiscale sui contribuenti italiani

I tecnici del Mef sono al lavoro su un altro fronte non meno importante e cioè quello che dovrebbe servire ad alleggerire il carico fiscale anche per i contribuenti di casa nostra.  E già trapelano le prime indiscrezioni. A cominciare dall’ipotesi di una riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33%. Se la misura fosse confermata, a beneficiarne sarebbero le persone che dichiarano redditi per almeno 28 mila euro, ovvero il 27,4% dei contribuenti. Troppo poco per spegnere le polemiche infuocate attorno alla pressione fiscale che in Italia si attesta al 42,8%, livelli addirittura superiori alla media Ocse del 33,9%.

Vita facile per i grandi patrimoni stranieri ma non altrettanto per i cittadini italiani. Un paradosso che non solo solleva dubbi sulla possibilità di considerare l’Italia un paradiso fiscale tout court. Di certo non aiuta nemmeno la lotta all’evasione fiscale e ci allontana inesorabilmente dalla famigerata tax compliance, cioè l’auspicata collaborazione leale e fattiva tra cittadino e Fisco, fuori da ogni logica di contrapposizione.

I benefici della flat tax per i ricchi in Italia: i dubbi della Corte dei conti

Una cosa è certa: la tassa per i paperoni funziona, eccome. Secondo la Corte dei conti, le condizioni estremamente vantaggiose pensate per gli ultra milionari stranieri hanno portato in Italia, solo nel 2023, quasi 1.500 nuovi residenti fiscali garantendo all’erario 117,6 milioni di euro. Numeri che potrebbero continuare a salire. E di molto. Dal momento che lo scorso 6 aprile è ufficialmente decaduto il res non dom, ovvero il regime fiscale agevolato per i residenti non domiciliati nel Regno Unito, i quali a detta della magistratura contabile potrebbero scegliere l’Italia come paradiso fiscale alternativo.

Meno certi, spiega la Corte dei conti, sono i benefici che l’economia reale al momento trae da questa misura. Anche se tra il 2020 e il 2023 lo Stato italiano ha incassato 315 milioni, i giudici contabili lamentano il fatto che “non sono state approntate specifiche rilevazioni per valutare la reale rispondenza della misura alla finalità dichiarata nella relazione illustrativa alla legge di bilancio per il 2017, secondo la quale lo scopo sarebbe stato quello di favorire gli investimenti in Italia da parte di soggetti non residenti”. 

In soldoni, all’ampiamento della platea dei contribuenti stranieri che aderiscono alla flat tax per paperoni, potrebbero non corrispondere vantaggi concreti per il tessuto produttivo italiano. Se così fosse, sarebbe davvero una vera beffa. Da qui l’esigenza di una correzione alla misura a cui l’Esecutivo starebbe già lavorando.

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Paradisi fiscali in Europa, il dietrofront del Portogallo su pensionati e stranieri

I meccanismi premiali pensati per rimpinguare il gettito erariale non sono certo un’invenzione o un’esclusiva tutta italiana. Quali sono i paradisi fiscali in Europa? Molto prima dell’Italia, già nel 2009, il Portogallo, ad esempio, aveva introdotto l’esenzione fiscale per dieci anni sui redditi percepiti all’estero. Poi, l’improvviso dietrofront. Con le novità dalla legge di Bilancio, a partire da quest’anno, il Paese iberico è diventato sì un paradiso fiscale ma solo per gli under 35, compresi quelli che arrivano dall’estero. 

Il Portogallo ha così cambiato totalmente rotta, inaugurando un nuovo corso. Una strategia costosa ma che, più che guardare ai milionari, si pone l’obiettivo di attrarre giovani talenti. Chi accede al cosiddetto regime IRS Jovem, infatti, usufruisce di una esenzione totale dal versamento delle imposte sui redditi da lavoro dipendente o autonomo per il primo anno di fruizione. Un percorso graduale della durata di dieci anni che procede per step: dopo l’esenzione totale, si passa a uno sconto del 75 per cento fino al quarto anno. Dal quinto si arriva al 50 per cento e dall’ottavo si passa al 25 per cento fino al decimo anno, che segna la fine del regime agevolato. Se in un anno non si percepiscono redditi da lavoro, l’esenzione può essere ripresa negli anni successivi. 

La flat tax in Grecia

Ghiotte opportunità di risparmiare sulle tasse le offre anche la Grecia che ha introdotto per i pensionati stranieri privati una flat tax al 7% sui redditi percepiti all’estero di cui è possibile beneficiare per quindici anni. I potenziali beneficiari devono tuttavia soddisfare alcune condizioni specifiche, tra cui quella di non essere stati residenti fiscali in Grecia nei cinque dei sei anni precedenti il trasferimento della residenza fiscale in Grecia. L’agevolazione, inoltre, non riguarda i soggetti titolari di redditi da lavoro ma solo i pensionati, i quali dovranno necessariamente trascorrere in Grecia almeno 183 giorni nell’anno.

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Italia paradiso fiscale? L’esperto: “Solo un’accusa politica

L’Italia è davvero un paradiso fiscale? La risposta dell’avvocato Daniele Bertaggia, esperto riconosciuto a livello globale in diritto societario internazionale, diritto penale Internazionale e protezione patrimoniale, è un secco no. “L’Italia – spiega a Partitaiva.it – non compare nella lista UE delle giurisdizioni non cooperative (aggiornata il 18 febbraio 2025). La lista include 11 Paesi extra-UE come Russia e Panama; nessun Paese UE è incluso e certamente non l’Italia”. Quelle italiane, dice Bertaggia, sono agevolazioni mirate, il Belpaese non pratica aliquote di sistema particolarmente basse, anzi: “Esistono Paesi europei limitrofi con strumenti molto più incisivi su persone fisiche o corporate. Parlare di concorrenza sleale senza distinguere regimi speciali da carico fiscale complessivo rischia di mescolare piani diversi”, aggiunge.

L’avvocato Daniele Bertaggia

Perché allora le accuse? “Il dibattito nasce da regimi agevolativi mirati (per nuovi residenti facoltosi e per lavoratori “impatriati”) che esistono però — con diversa intensità — anche in altri Paesi europei”. Definirli paradiso fiscale è, secondo l’esperto Bertaggia, improprio perché si tratta di strumenti selettivi, in un sistema che resta ad alta pressione fiscale. “Le dichiarazioni francesi di fiscal dumping sono state respinte da Roma – chiosa l’avvocato -. Il contesto è politico, non giuridico. Al contrario, la fiscalità elevatissima che vi è in Italia è, a mio parere, un disincentivo assoluto ad attività economiche imprenditoriali, non a caso l’Italia soffre cronicamente di scarsa imprenditorialità”.

All’esperto Bertaggia abbiamo chiesto se le agevolazioni fiscali portino effettivi benefici all’economia reale e al gettito erariale. La risposta, ancora una volta, è lapidaria: “Le agevolazioni fiscali sono utili se ben disegnate e valutate, ma i benefici macro non sono automatici; la Corte dei conti chiede da anni più valutazioni d’impatto e un vero riordino delle spese fiscali”. Ed effettivamente, nell’audizione sul DFP 2025, la Corte apprezza il tentativo di riordino, ma osserva che si è trattato più di tagli lineari che di una riforma basata su obiettivi, efficacia ed effetti distributivi. “Le agevolazioni – insiste l’avvocato Bertaggia – possono attrarre spesa, capitali e talenti. Ma perché portino più crescita che costo, servono: obiettivi chiari, sunset clause, valutazioni ex-post e coerenza con Pillar Two e con la riduzione del cuneo su lavoro e capitale umano. È esattamente la direzione indicata dalla Corte”.

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Paradisi fiscali nel mondo: le strategie

Insieme al nostro giornale, Bertaggia ha tracciato una mappa sintetica delle strategie adottate da Paesi con giurisdizioni decisamente più vantaggiose da un punto di vista fiscale rispetto a quella italiana.

  • zero o quasi zero sull’IRPEF (es. Monaco, Emirati Arabi Uniti);
  • base imponibile territoriale (tasso anche medio, ma si tassa solo ciò che è “di fonte locale”). La misura è adottata da Hong Kong (con correttivi FSIE), Panama, Paraguay, Costa Rica, Gibilterra, Uruguay, (e in Asia anche Macao);
  • remittance/non-dom, con tassi ridotti e/o esclusioni su redditi esteri non rimessi o su determinati redditi (Malta, Cipro, Singapore con il modello “remittance-based” con ampie esenzioni);
  • flat tax per attrarre persone fisiche. Strategia adottata da Grecia (100.000 euro su tutti i redditi esteri, 7% per pensioni estere), Spagna (regime impatriati “Beckham”);
  • aliquote societarie strutturalmente basse (come l’Ungheria, con il 9% CIT).
  • forfait/Lump-sum per HNWI, come la Svizzera che applica la tassazione sulla spesa.
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Ecco quali sono i paradisi fiscali e cosa offrono in più rispetto all’Italia

Immaginiamo di trovarci di fronte ad un potenziale investitore alla ricerca di condizioni fiscali vantaggiose. Verso quale Paese potrebbe orientare la scelta di portare la sua residenza fiscale? Di seguito una scheda con i Paesi esteri raggruppati per tipologia di vantaggio.

Paese/TerritorioStatus UETassazione Persone FisicheTassazione SocietàRegime FiscaleVantaggi Principali
MonacoNon UE0% IRPEF25% (solo >25% fatturato estero)TerritorialeNessuna imposta reddito persone fisiche
Emirati Arabi UnitiNon UE0%9% (0% fino a 375k AED)TerritorialeZero tasse personali, free-zones 0%
Hong KongRAS CinaTerritoriale16,5% (8,25% primi 2M HKD)Territoriale + FSIEEsenzione redditi esteri
dal 2023
SingaporeNon UEEsenzione redditi esteri17%Territoriale remittanceAmpia esenzione su redditi esteri rimessi
PanamaNon UESolo redditi locali25% (o 4,67% fatturato)Territoriale puroSolo fonte panamense tassata
ParaguayNon OCSE8-10% (solo fonte locale)10% (solo fonte locale)Territoriale esplicitoAliquote molto basse
Costa RicaNon UESolo redditi locali30%TerritorialeSolo fonte costaricense
GibilterraUK OTSolo redditi locali15%TerritorialeSolo redditi “derivati da” Gibilterra
UruguayAmerica LatinaSolo redditi locali25%TerritorialeRedditi esteri non imponibili
MacaoRAS CinaFonte locale3-12%TerritorialeAliquote molto basse, ampie franchigie
MaltaUE15% su rimessi (non-dom)Standard UERemittance basisNon-dom: esteri non rimessi esenti
CiproUEEsenzione SDC (non-dom)Standard UENon-dom regimeEsenti da tasse su dividendi
/interessi
GreciaUE€100k flat (non-dom 15 anni)Standard UERegime HNWIFlat tax €100k su tutti redditi esteri
SpagnaUE24% flat
(regime Beckham)
Standard UERegime impatriati6 anni flat tax per nuovi residenti
UngheriaUEStandard UE9%Standard UECIT più bassa UE
SvizzeraNon UEForfait
su spese vita
StandardLump-sumTassazione forfettaria invece che su reddito
San MarinoMicro-StatoStandard17% (8,5% newco 5 anni)Incentivi newcoRiduzione 50% per nuove società

LEGENDA:

  • Status UE: Appartenenza all’Unione Europea
  • Regime Fiscale: Tipo di sistema fiscale applicato
  • Non-dom: Regime per residenti non domiciliati
  • FSIE: Foreign-Sourced Income Exemption
  • Newco: Nuove società costituite
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L’Italia paradiso fiscale? L’esperto: “Ecco cosa dicono gli indicatori oggettivi”

Secondo l’avvocato Giorgio Bianco, partner dello studio legale Internazionale Giambrone & Partners, avvocato in Italia e in Francia, iscritto all’albo degli avvocati di Lione e responsabile del French desk in Italia e delle sedi di Parigi, Lione, Sassari, Tunisi e Casablanca, l’Italia non può essere definita un paradiso fiscale: “Se guardiamo agli indicatori oggettivi – spiega – il nostro Paese è tra i più gravosi in Europa. Il cuneo fiscale sul lavoro dipendente si aggira intorno al 47% (tra i più alti secondo l’OCSE), mentre l’IRES sulle società è al 24%, in linea con la media UE. A ciò si aggiunge un sistema societario fondato sulla pubblicità dei registri e la piena adesione allo scambio automatico di informazioni internazionali”.

L’avvocato Giorgio Bianco

Ogni volta che si parla di paradisi fiscali, si tende a immaginare luoghi esotici dove le tasse non esistono, i patrimoni restano nascosti e lo scambio di informazioni con gli altri Stati è inesistente. “In realtà, la definizione giuridica di paradiso fiscale non esiste: è un concetto pratico, legato alla presenza di tassazione irrisoria, opacità societaria e mancanza di cooperazione internazionale”, chiosa Bianco.

L’accusa della Francia

La Francia ha puntato il dito contro alcuni regimi agevolati introdotti dall’Italia: strumenti che, in teoria, dovrebbero attrarre nuovi contribuenti, ma che nella pratica hanno avuto un impatto più modesto di quanto si pensi. Il paradosso, osserva Bianco, è che questi incentivi vengono spesso usati come capro espiatorio all’estero, pur funzionando poco anche all’interno dei nostri confini: “Non è certo un favore fiscale a trasformare l’Italia in un paradiso, ma semmai l’incapacità del sistema ordinario di essere competitivo. Un imprenditore deve ancora scontrarsi con burocrazia soffocante, giustizia lenta e pressione fiscale instabile: fattori che scoraggiano gli investimenti ben più delle agevolazioni temporanee”.

Non bisogna dimenticare che anche altri Paesi hanno introdotto strumenti simili: Francia, Spagna, Portogallo e Grecia competono sullo stesso terreno, ma con un quadro normativo più coerente e prevedibile. In Italia, invece, i regimi agevolati diventano spesso provvedimenti spot, ridimensionati o modificati dopo pochi anni. La verità, conclude Bianco, è che accusare l’Italia di essere un paradiso fiscale è un’iperbole: “Il problema, semmai, è opposto: molti contribuenti pensano a come andarsene proprio per motivi fiscali. Un segnale che il sistema ordinario è troppo oneroso, mentre quello straordinario resta incerto.”

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Gli USA sono diventati il più grande paradiso “legale” del mondo

Qual è il Paese più “scorretto” sul piano fiscale? A questa domanda risponde l’avvocato Salvatore Mistretta, specializzato in diritto tributario d’impresa ed esperto in fiscalità internazionale delle persone fisiche e giuridiche: “Non ha molto senso parlare di un Paese più vantaggioso in assoluto. Ogni contribuente ha obiettivi diversi: c’è chi desidera vivere di rendita, chi aprire un’attività commerciale, chi investire in strumenti finanziari. Le condizioni fiscali devono essere valutate in funzione dello scopo”.

Da questo punto di vista, l’Italia – che non applica una patrimoniale generalizzata – è più competitiva rispetto a Stati come Spagna o Norvegia per chi vuole conservare i risparmi. Se invece l’obiettivo è fare impresa, gli Emirati Arabi Uniti offrono un contesto molto favorevole: zero tasse sui redditi personali e una corporate tax simbolica al 9%. Per gli investimenti finanziari, un caso emblematico è Puerto Rico, che garantisce l’esenzione dalle plusvalenze maturate dopo il trasferimento della residenza.

Ma quando si parla di condizioni “scorrette” sul piano fiscale, il discorso cambia: “Si entra allora nell’ambito delle giurisdizioni che combinano aliquote bassissime, opacità societaria e scarsa cooperazione internazionale – osserva Mistretta – come le Cayman, le Isole Vergini Britanniche o il Liechtenstein, resi famosi anche da scandali come i Panama Papers”.

E paradossalmente, bisogna menzionare anche gli Stati Uniti, che non hanno aderito al Common Reporting Standard dell’OCSE e consentono ancora in Stati come Delaware o South Dakota di costituire società senza pubblicare i beneficiari effettivi. “In questo senso – conclude – gli USA sono diventati il più grande paradiso ‘legale’ del mondo: accusano altri Paesi, ma nel loro ordinamento lasciano margini di opacità difficilmente tollerati altrove”.

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Patrizia Penna

Giornalista professionista

Sono nata a Catania, mi sono laureata con lode in Lingue e Culture europee all'Università di Catania. Ho lavorato per quasi vent'anni come redattore al Quotidiano di Sicilia, ho curato contenuti ma anche grafica e impaginazione. Oggi sono una libera professionista. Mi occupo di informazione, uffici stampa e curo sui social media la comunicazione di aziende, anche straniere.

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