L’Italia si trova di fronte a un paradosso: mentre migliaia di persone cercano attivamente lavoro, le imprese faticano enormemente a reperire i candidati idonei. La crisi occupazionale, dunque, cammina di pari passo con la crisi delle imprese. Una nuova “riforma” della scuola introduce le “abilità caratteriali”, dette anche “non-cognitive skills” o “competenze non cognitive” per superare il gap. Durante il Festival dell’innovazione scolastica a Valdobbiadene dei giorni scorsi è stato spiegato di cosa si tratti esattamente e perché queste competenze rappresentino la chiave per affrontare la crisi occupazionale, oltre che il futuro del lavoro, dell’economia e della tenuta sociale.
Intanto i dati sulla mancanza di personale e competenze nelle imprese restano allarmanti: secondo ManpowerGroup, il 78% delle aziende vuole assumere ma non riesce a trovare profili con le competenze necessarie. La difficoltà non si limita a settori specifici: per Confindustria oltre due terzi delle imprese (circa il 69,2%) hanno problemi a reperire profili tecnici e quasi la metà (47,2%) per le mansioni manuali, con picchi del 58,9% nel settore industriale. Anche Confartigianato, nel 2023, ha evidenziato che il 45,1% della manodopera richiesta non è reperita, percentuale che sale al 55,2% per gli artigiani.
La nuova “riforma” della scuola: competenze non cognitive e trasversali
La legge n.22 del 19 febbraio 2025 introduce nelle istituzioni scolastiche, nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia) e nei percorsi di istruzione e formazione professionale lo sviluppo delle competenze non cognitive e trasversali. L’obiettivo è combattere la dispersione scolastica, favorire il successo formativo e promuovere l’inclusione attraverso metodologie didattiche innovative che valorizzino abilità come l’empatia, la motivazione, l’autoregolazione e il pensiero critico.

Questa sperimentazione nazionale di tre anni cerca di rispondere a quattro domande cruciali per il nostro sistema economico e lavorativo: come nominiamo e definiamo queste competenze – caratteriali, non-cognitive o sociali? Se sono educabili, quali sono gli approcci metodologici e i processi di insegnamento più efficaci per promuoverle? Come possiamo rilevarle, documentarle, valutarle e persino certificarle? Infine, quali sono le ricadute e gli impatti di queste sperimentazioni sul lungo termine?
È fondamentale che il sistema scolastico elabori un proprio framework per queste competenze, che tenga conto dell’approccio alla persona, superando visioni puramente economiche dettate da enti esterni. Inoltre, la valorizzazione dell’attitudine professionale degli insegnanti è un tema centrale e complesso che va affrontato. Come sottolinea Carmela Palumbo, capo dipartimento ministero dell’Istruzione e del merito: “La legge è uno strumento che serve a rendere tutti gli operatori più consapevoli di questo compito che già di fatto è il carico della scuola”, portando questo lavoro dal curricolo implicito a quello esplicito.
Competenze richieste dalle imprese: dai bit ai mestieri, come la nuova “riforma” della scuola offrirle agli studenti
Un’analisi dettagliata delle figure e delle competenze carenti rivela sfide specifiche che gli “abiti caratteriali” possono contribuire a risolvere indirettamente, fungendo da base per l’acquisizione di abilità tecniche. Le competenze digitali e informatiche sono particolarmente scarse: il 24% delle imprese lamenta la mancanza di competenze informatiche di base, e nel settore IT, il 54,6% delle aziende ha difficoltà a trovare profili con competenze digitali avanzate, un dato significativamente superiore alla media globale del 47,3%. Anche le mansioni manuali e tecniche pratiche sono problematiche, con circa il 47-59% delle imprese che segnalano difficoltà nel reperire personale, in particolare nel settore industriale.
Si registra una carenza di personale formato nell’amministrazione (18%) e nelle competenze di front-office, manifattura, logistica e relazione coi consumatori (17%). È interessante notare che, a fronte di queste carenze tecniche e operative, la difficoltà nel reperire figure con competenze manageriali (solo 8,3% delle imprese) e competenze trasversali più generiche (16,5%) risulta minore. Questo suggerisce che, mentre gli “abiti caratteriali” rappresentano la fondazione per un apprendimento profondo e la capacità di adattamento, le difficoltà immediate nel mercato del lavoro italiano riguardano più direttamente le competenze tecniche e specialistiche che su questa fondazione dovrebbero innestarsi. Guardando al futuro, circa due imprese su tre segnalano difficoltà nel reperire competenze legate alla transizione digitale, mentre l’internazionalizzazione è un ostacolo per un terzo delle imprese e la transizione green per il 15,1%. Nel contesto dell’Industria 4.0, mancano figure specializzate come sviluppatori software, data analyst, ingegneri di machine learning e professionisti esperti di intelligenza artificiale.

Leadership, capacità di lavorare in gruppo e automotivazione
“I nostri ragazzi sono fragili e gli adulti, in particolare i docenti, devono avere il coraggio di scommettere su questa fragilità, facendoli sentire un valore – spiega Cristiana Poggio, vicepresidente di Piazza dei Mestieri, presente alla manifestazione -. Mi sento trasparente è la frase che spesso i ragazzi e le ragazze dicono”, aggiunge. Le abilità caratteriali, lungi dall’essere cose aggiuntive, devono mescolarsi con le materie curricolari, diventando potenti alleati. L’obiettivo è integrarle nella progettazione formativa, esplicitarle e valutarle: ad esempio, non solo verificare l’italiano, ma anche la capacità di lavorare in gruppo o la leadership.
Dare valore e peso a queste competenze permette ai ragazzi e alle ragazze di riconoscersi e di sviluppare l’autovalutazione, motivandoli a colmare le proprie lacune e a studiare di più. “Se io scopro che ho un valore, allora mi viene anche voglia di studiare”. In questo scenario, il docente diventa un soggetto determinante, non solo perché impartisce conoscenze, ma perché incontra e scopre il potenziale in uno studente e in una studentessa che ancora non ne è consapevole. La formazione di docenti capaci di investire in questa scoperta è la chiave per un grande cambiamento.

Oltre le skills tradizionali: personalità creativa e “abiti caratteriali” per l’innovazione e il PIL
“La vera qualità dell’istruzione, che incide sul capitale umano e sulla capacità di un paese di generare PIL, sta nell’investire nella capacità creativa, nella personalità e nell’apertura alla realtà – ha concluso Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà -. Personaggi come Steve Jobs, pur non essendo informatici, hanno saputo innovare guardando alla gente e rendendo la tecnica usabile da miliardi di persone, dimostrando il potere di una personalità creativa”.
Mario Catalano
Giornalista