L’analisi del costo di una holding non è esoso come si potrebbe pensare. Tecnicamente, i costi di costituzione di una holding di capitali, come di una srl, sono paragonabili a quelli di qualsiasi altra società dello stesso tipo. Parcella notarile, diritti camerali, consulenza iniziale del commercialista. E poi quel pagamento mensile o annuale del professionista che tiene la contabilità, fastidioso come una tassa per gli imprenditori, ma necessario se si vuole stare in regola con il deposito del bilancio e gli adempimenti fiscali. Tuttavia, affinché costituire una holding sia la scelta giusta , è necessario conoscerne le regole e soprattutto comprenderne le funzioni.
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Holding, serve davvero?
Spesso chi crea una holding pensa di non dover pagare un commercialista perché non dovrà eseguire movimenti. Ma perché costituire una holding da tenere sostanzialmente inattiva? Se la struttura non serve a proteggere un patrimonio significativo, a gestire un gruppo complesso o a pianificare un passaggio generazionale, i suoi costi, per quanto contenuti, diventano un onere superfluo. Una holding senza movimenti o con attività marginali ha comunque bisogno di essere gestita, e ogni euro speso per mantenerla in vita è una risorsa sottratta all’attività operativa.
Per questo motivo, prima ancora di arrivare dal notaio, è indispensabile un approfondimento significativo. La domanda non deve essere “come si fa?”, ma “perché farla?” e “serve davvero alla mia impresa in questo momento?”. Solo dopo aver risposto in modo affermativo a queste domande, la costituzione diventa un passo logico e strategico.
Cos’è una holding?
In termini semplici, una holding è un contenitore – non una scatola vuota però -, una società che ha come oggetto principale la detenzione di quote di altre società. Invece di svolgere direttamente attività commerciali, la sua funzione è quella di coordinare e governare: è il “cervello strategico” di un gruppo di aziende, che prende le decisioni di investimento, gestisce i flussi finanziari e pianifica il futuro.
Holding finanziarie vs operative
Le holding possono essere:
- finanziarie, se si limitano a detenere partecipazioni;
- operative (o miste), se affiancano all’attività di gestione delle quote anche la fornitura di servizi reali al gruppo (es. amministrazione, marketing, HR).
A cosa serve una holding? I vantaggi
Se la holding è la scelta giusta, i suoi costi iniziali vengono rapidamente superati da benefici strategici, patrimoniali e fiscali.
Il vantaggio più immediato è la riduzione del rischio. In una struttura tradizionale, immobili, marchi, brevetti e liquidità sono aggregati nella stessa società operativa, esposti a qualsiasi rischio d’impresa. Con una holding, questi asset possono essere separati e messi al sicuro nella “cassaforte” di famiglia. Se una delle società operative dovesse affrontare una crisi o un contenzioso, il patrimonio strategico del gruppo rimarrebbe protetto.
Le tasse
Per avere dei vantaggi fiscali la holding deve accedere, spesso, a regimi fiscali ad hoc. Gli utili che le società operative distribuiscono alla holding sono tassati solo sul 5% del loro importo. Questo significa che su 100.000 euro di dividendi, la holding pagherà imposte solo su una base di 5.000 euro, potendo così centralizzare la liquidità del gruppo in modo fiscalmente efficiente.
Anche sulla cessione delle partecipazioni il vantaggio è quello di avere una tassazione al 5% che, considerato il regime di tassazione IRES delle società al 24%, portano la tassazione netta all’1,2% della plusvalenza o del dividendo sulla holding. Si tratta del famigerato 1,2% di tassazione che è spesso lo specchio per le allodole, per attirare contribuenti desiderosi di massimizzare il proprio risparmio fiscale, salvo poi rendersi conto che i soldi non li hanno comunque in tasca, ma sempre in un’altra società, e che la tassazione complessiva potrebbe essere anche più alta.
Il consolidato fiscale permette, insomma, di compensare gli utili e le perdite fiscali delle società del gruppo, pagando le imposte sull’utile complessivo. Questa scelta, tuttavia, richiede un elevato livello organizzativo.
La successione a costo zero (o quasi)
Probabilmente il vantaggio più sottovalutato è la capacità della holding di orchestrare il passaggio generazionale. Invece di dividere le quote di ogni singola azienda, si trasferisce il controllo della sola holding. Lo statuto può essere personalizzato per assegnare diritti diversi ai figli, in base al ruolo e alla partecipazione detenuta è possibile ricevere quote con diritto di voto, con privilegi nella ripartizione degli utili, ecc.
In questo modo è possibile trasferire facilmente le quote societarie e ottimizzare il costo di tutte le operazione, oltre all’innegabile vantaggio in termini di continuità aziendale.
Gli errori comuni
Una holding non può nascere né vivere come “scatola vuota”. Per reggere a un controllo fiscale, e soprattutto per creare valore, deve svolgere funzioni reali e riconoscibili. Prende decisioni di indirizzo e le traccia con verbali, regola i rapporti economici con le partecipate tramite contratti scritti, con corrispettivi allineati al mercato e criteri di riparto chiari, gestisce cassa e contabilità in modo ordinato, con flussi finanziari tracciabili e una reportistica che consenta di capire chi decide cosa e perché.
Anche una struttura “leggera” può avere sostanza, se i processi sono definiti e documentati. L’assenza di questi elementi espone al rischio concreto di vedersi disconosciuti i benefici fiscali, con recuperi d’imposta, sanzioni, interessi e conseguenti danni reputazionali.
L’errore più frequente è trattare la holding come scorciatoia per pagare meno tasse. Altri scivoloni tipici sono lasciare la capogruppo “dormiente”, trascurare la contrattualistica infragruppo, dimenticare asset strategici (come gli immobili) dentro l’operativa esponendoli ai rischi, e costruire architetture inutilmente complesse rispetto alla scala dell’impresa.
Il vero costo della holding è la scelta tra tattica e strategia. Se la si apre per risparmiare tasse o per essere un imprenditore cool, diventa presto un costo insopportabile. Se la si concepisce come organizzazione strategica, quel costo si trasforma in rendimento. La differenza la fa un supporto consulenziale all’altezza, che qualifica la holding come investimento e non come semplice spesa amministrativa. Per questo motivo, anche nella scelta dei consulenti, bisogna essere molto oculati.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista