Perché i dazi di Trump spaventano Borsa e Governi (e cosa c’entra l’inflazione)

Con i dazi introdotti da Donald Trump i mercati sono diventati turbolenti e lo spettro dell'inflazione torna a fare capolino. Quali potrebbero essere le conseguenze e cosa fare con i propri risparmi.

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Nelle ultime settimane i mercati finanziari stanno attraversando una fase di forte turbolenza: gli indici azionari internazionali hanno subito cali improvvisi, in alcuni casi più marcati di quanto si era osservato persino durante i picchi di volatilità del 2022.

Uno dei principali fattori scatenanti è stato l’annuncio del Presidente Donald Trump di voler reintrodurre una serie di dazi su numerose importazioni negli Stati Uniti. Una mossa che ha generato reazioni immediate non solo tra gli analisti finanziari, ma anche tra investitori e governi.

Perché i dazi preoccupano così tanto i mercati e i Paesi in generale? Cerchiamo di inquadrare il problema dividendolo su più piani al fine di comprendere lo scenario attuale e, soprattutto, di poter provare a immaginare un minimo il futuro.

L’impatto sul commercio globale

    Nel breve termine le preoccupazioni principali riguardano proprio questo dal momento che i dazi USA comportano una serie di conseguenze quali:

    • un aumento generalizzato dei prezzi, perché le merci importate diventano più care;
    • una riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, la cui fiducia, indicativa del sentiment per il futuro, è già calata ai minimi storici recenti;
    • un rallentamento degli scambi internazionali, con conseguenze negative sulle esportazioni e sulla crescita globale.

    Il vero problema, però, si manifesta nel medio-lungo termine: la progressiva disgregazione delle catene del valore internazionali. Quasi tutti i beni che utilizziamo, dagli smartphone alle automobili, sono il risultato di processi produttivi distribuiti su più paesi. Interrompere questi equilibri significa aumentare i costi, ridurre l’efficienza e creare instabilità.

    Il nodo inflazione e banche centrali

    Un altro motivo di preoccupazione è legato all’inflazione. Dopo mesi di stabilizzazione, i mercati avevano iniziato a scontare una stagione di tagli dei tassi di interesse da parte di Fed e BCE

    Il quadro, però,  rischia di cambiare radicalmente: questo percorso potrebbe essere messo in pausa o addirittura invertito nel caso in cui i dazi alimentassero una nuova ondata inflattiva.

    In uno scenario del genere, le banche centrali sarebbero costrette a fermarsi o addirittura a tornare a rialzare i tassi con conseguenze negative su consumi, credito e investimenti.

    Non a caso il presidente Trump esprime platealmente il suo dissenso nei confronti del governatore della FED e invoca un taglio dei tassi: sa benissimo che l’economia rallenterebbe a breve termine e non vuole che questo accada.

    Il punto è che la FED è un organo indipendente che ha il ruolo di evitare che i prezzi aumentino troppo rapidamente e che la moneta perda di valore, cose che sarebbero inevitabili se a un’ondata inflattiva indotta dai dazi ne seguisse una, ulteriore, indotta dal basso costo del denaro.

    L’elefante nella stanza: il debito pubblico

    C’è poi un nodo strutturale spesso trascurato: il debito pubblico. 

    Negli Stati Uniti ha superato il 125% del PIL e anche in Europa i livelli di indebitamento sono molto elevati. In caso di crisi, l’elevato indebitamento limita enormemente i margini di intervento degli Stati perché, se servono stimoli economici, i governi hanno le mani legate.

    Il rischio sistemico, in uno scenario di questo tipo, aumenta considerevolmente in maniera del tutto inevitabile.

    Che fare?

    Ragionando da investitori, dobbiamo prima di tutto ricordare una cosa: i mercati vivono anche di emozioni e tendono spesso a esagerare nel breve periodo. 

    Vendere in perdita o farsi prendere dal panico è spesso il modo più diretto per trasformare una perdita temporanea in una perdita definitiva.

    Nel lungo termine i mercati finanziari premiano la razionalità, la diversificazione e la disciplina ed è in fasi come questa che si costruiscono i rendimenti futuri, non inseguendo l’ultima notizia ma mantenendo il focus sulla strategia e sulla gestione consapevole del rischio.

    Non possiamo controllare le decisioni di un presidente americano o l’andamento delle borse globali ma possiamo, e in un certo senso dobbiamo, prenderci cura della nostra economia personale.

    Autore
    Co-fondatore di Affari Miei, società specializzata nell'educazione finanziaria indipendente per investitori privati. Autore dei libri "Vivere di Rendita - Raggiungi l'Obiettivo con il Metodo RGGI" e "Investimenti Sicuri - Come Proteggere il tuo Patrimonio e Vivere di Rendita". Appassionato da sempre di economia, soldi e numeri, divulga online la finanza personale dal 2014.

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