Con l’avvicinarsi della prossima legge di Bilancio, torna in auge il confronto sul contrasto all’evasione fiscale. Al centro del dibattito, la proposta di consentire al Fisco l’accesso diretto ai conti correnti degli italiani che hanno dei debiti con lo Stato. Se oggi l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può accedere solo all’intestazione del conto, domani potrebbe sapere anche quanti soldi ci sono dentro. Un accesso più profondo che renderebbe più facile procedere con i pignoramenti.
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Debiti con il Fisco, la “ricetta” per combattere l’evasione fiscale
La proposta, avanzata dalla commissione tecnica per il riordino della riscossione istituita presso il Mef, che ha come obiettivo di velocizzare le operazioni di recupero coattivo dei crediti fiscali, è destinata, almeno per ora, a rimanere nel cassetto.
Si tratta di un documento di 39 pagine che mette in fila le azioni ritenute necessarie per smaltire il magazzino fiscale che al 31 gennaio è arrivato a quota 1.272,90 miliardi: ci sono 173 milioni di caselle, avvisi di addebito e di accertamento esecutivo che fanno riferimento a circa 21,8 milioni di contribuenti con un debito ancora da pagare. Quindi, se durante queste verifiche dovessero emergere “crediti del debitore” nella disponibilità di uno o più operatori finanziari, l’agente dovrà redigere e notificare “telematicamente al terzo, senza indugio” l’ordine di pagamento. La Commissione propone quindi un pacchetto operativo che modificherebbe in modo significativo la riscossione coattiva:
- accesso al saldo bancario, non solo all’esistenza dei conti, con garanzie di tutela e tracciabilità degli accessi;
- uso dei dati della fatturazione elettronica per individuare i crediti che il debitore ha verso terzi, al fine di avviare pignoramenti mirati basati su tali rapporti commerciali;
- discarico automatico di crediti non riscossi dopo un certo tempo (es: cinque anni) per quelli affidati alla riscossione;
- potenziamento di personale e tecnologie per collegare le banche dati e ridurre i tempi di lavorazione;
Va sottolineato che il governo conosce bene questa proposta poiché una velocizzazione dei pignoramenti era contenuta anche in una bozza della manovra per il 2024. Alla fine non si prese una decisione effettiva poiché la verifica telematica della giacenza sul conto corrente fu bloccata dalla premier Giorgia Meloni.
Debiti con il Fisco e accesso diretto ai conti correnti: le reazioni politiche
Le anticipazioni contenute nei documenti tecnici della commissione hanno però sollevato dei dubbi non solo tra gli osservatori, ma anche all’interno della stessa maggioranza. Il timore è che la misura possa essere percepita come una forma di controllo eccessivo da parte dello Stato, con impatti sensibili sulla fiducia dei cittadini nei confronti dell’amministrazione finanziaria. “Non è nelle priorità del governo. Questa è una vecchia proposta che rimarrà una proposta. A me non è ancora arrivata . Quando arriverà ovviamente leggerò, però non credo proprio ci siano le condizioni per fare una roba del genere”, ha sottolineato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Anche il viceministro Maurizio Leo, responsabile del dipartimento delle Finanze, ha preso le distanze da interpretazioni allarmistiche. “La proposta – ha spiegato – nasce in un contesto tecnico. Serve a stimolare una riflessione sul miglioramento della riscossione, ma non c’è alcuna decisione politica in tal senso”.
L’obiettivo della riforma della riscossione
Il tema si inserisce all’interno di un contesto ben più ampio: quello della riforma della riscossione. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, il magazzino fiscale ha superato i 1.200 miliardi di euro, ma di questi, oltre l’80% è ritenuto difficilmente esigibile per motivi giuridici o patrimoniali: aziende fallite, contribuenti nullatenenti, debiti prescritti o annullati.
L’obiettivo del Mef è chiaro: da un lato, aumentare l’efficacia della riscossione per i crediti ancora attivi; dall’altro, “pulire” il magazzino da posizioni ormai irrecuperabili, in linea con quanto previsto anche dal PNRR. In questo contesto si inserisce anche la nuova rottamazione delle cartelle, in scadenza a dicembre 2025, con la quale il governo punta a incassare circa 5 miliardi di euro, favorendo i contribuenti che intendano regolarizzare la propria posizione.
Accesso diretto ai conti correnti: il nodo della privacy
Il dibattito sull’accesso diretto ai conti correnti da parte del Fisco tocca temi delicati. Innanzitutto, la tutela della privacy: la possibilità per un’amministrazione pubblica di accedere a informazioni finanziarie personali solleva questioni di conformità al GDPR e alla normativa italiana sulla riservatezza dei dati.
Un altro nodo cruciale è quello della proporzionalità: senza un limite minimo (si è parlato di soglia sotto i 1.000 euro) o senza adeguate garanzie, il rischio è quello di azioni sproporzionate, che colpiscano piccoli debiti o soggetti in temporanea difficoltà economica. Infine, sul piano giuridico, andrebbe verificata la compatibilità della misura con i principi costituzionali in materia di difesa, notificazione e tutela dei diritti
Riforma della riscossione: le alternative allo studio
Al netto dello stop (per ora) all’accesso diretto, il Mef sta lavorando a soluzioni alternative. Tra queste:
- una riforma della notifica e del pignoramento telematico, che potrebbe rendere l’attuale processo più rapido, senza derogare alle garanzie procedurali;
- una maggiore interazione con le banche dati pubbliche, per individuare in anticipo i soggetti economicamente in grado di pagare.
Cristina Siciliano
Giornalista e scrittrice