Il Consiglio dei ministri approva la riforma sulla responsabilità medica. Il ddl – oltre a rimodulare il sistema formativo e ordinistico delle professioni sanitarie – solleva il personale sanitario dalla responsabilità professionale, a eccezioni di casi in cui si verifica la loro “colpa grave“. Il vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi, Giovanni Leoni, e degli odontoiatri spiega a Partitaiva.it le ragioni della riforma e tutte le sue conseguenze.
Indice
- Riforma responsabilità medica? “Voluta da sanità e giustizia”
- Medicina difensiva, oltre il 78% dei medici si sente più a rischio
- Contenzioso medico-legale: le cause, il consenso informato e le branche mediche più a rischio
- Quando la colpa è del medico? Il concetto di “complicanza”
- Riforma responsabilità medica: l’eliminazione della colpa lieve e i criteri di valutazione
Riforma responsabilità medica? “Voluta da sanità e giustizia”
“L’intervento sulla responsabilità professionale in ambito sanitario è un provvedimento auspicato tanto dal mondo sanitario come da quello giudiziario. Elevatissimi sono i costi per i medici ingiustamente incolpati, che si vedono rovinata la vita e la carriera. L’inizio di un percorso per ridare la giusta serenità ai professionisti, rinsaldando quella relazione di cura con i cittadini che, per essere tale, deve essere fatta di fiducia reciproca”. Questa la posizione di Giovanni Leoni, che sottolinea come il fulcro della questione risieda nella problematicità di trasformare quella che è una complicanza di un caso clinico in una colpa del medico.
La riforma è stata in parte motivata dalla necessità di ridurre i costi della medicina difensiva, stimati in circa dieci miliardi di euro l’anno. Tuttavia, Leoni, che è anche presidente FNOMCeO Venezia, esprime cautela su questa cifra, definendola: “Una stima da prendere con le pinze e da dimostrar”, e aggiunge che questi dati dovrebbero essere confermati e quantificati specialità per specialità.
Medicina difensiva, oltre il 78% dei medici si sente più a rischio
La medicina difensiva, come definita dall’OTA (Office of Technology Assessment) statunitense, si manifesta quando i medici ordinano test, procedure o visite extra, o evitano pazienti e procedure ad alto rischio, principalmente per ridurre la loro esposizione a un giudizio di responsabilità per malpractice. Questo atteggiamento ha un impatto significativo sulla spesa sanitaria (medicina difensiva positiva) e, nel caso dell’evitamento, direttamente sul paziente (medicina difensiva negativa).
Secondo quanto riportato da un’indagine condotta dall’Ordine dei medici-chirurghi e degli odontoiatri di Roma, già nel 2010 tra i medici italiani, è stato rilevato che il 78,2% si sentiva più a rischio di denuncia rispetto al passato e il 77,1% riteneva che le norme sulla responsabilità professionale influiscano sulla qualità delle cure. Percentuali elevate di medici (tra il 49,9% e il 73%) dichiararono di prescrivere ricoveri, farmaci, esami di laboratorio e visite specialistiche per medicina difensiva.
Contenzioso medico-legale: le cause, il consenso informato e le branche mediche più a rischio
Il cuore del problema, secondo Leoni, risiede nel contrasto intrinseco della medicina legale. Mentre in tutte le altre branche mediche i professionisti collaborano in un senso univoco per la diagnosi nella ricerca della verità, nella medicina legale “C’è un contrasto storico tra i periti e giuristi che difendono le posizioni opposte delle parti in causa. Questo – aggiunge Leoni – porta a una realtà che cambia in maniera drastica a seconda del punto di osservazione, lasciando al pubblico ministero e al giudice una difficile decisione”. Nonostante la diffusione delle cause, dal punto di vista statistico, il 97% dei procedimenti penali si conclude con l’assoluzione del medico.
Quando la colpa è del medico? Il concetto di “complicanza”
L’avvocato Laura Biarella conferma che la paura di procedimenti per responsabilità professionale porta a volte a richieste di esami la cui inutilità è riconosciuta perfino da chi li richiede. La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 13328 del 2015, ha discusso il concetto di “complicanza” come evento dannoso prevedibile ma inevitabile che esclude la responsabilità.
Tuttavia, la Corte ha anche sostenuto che tale concetto è “inutile nel campo giuridico”, affermando che un peggioramento delle condizioni del paziente, se prevedibile ed evitabile, è ascrivibile a colpa del medico, mentre se non prevedibile o non evitabile, costituisce una “causa non imputabile”. La distinzione tra complicanze spontanee e iatrogene (dovute a errore colposo o inevitabili) è fondamentale. Inoltre, il medico è tenuto a informare il paziente sulle possibili complicanze e la mancanza di consenso informato può generare responsabilità anche se il trattamento è stato eseguito correttamente.
Le specializzazioni più a rischio
“Vivere in questa situazione di rischio è problematico – evidenza Leoni – soprattutto per alcune branche come la chirurgia plastica, estetica e la ginecologia (specialmente quella con ecografie per il nascituro) che presentano le tariffe delle assicurazioni più alte a causa dell’elevato rischio di contenzioso. Ma il problema – sottolinea – si estende anche a discipline fondamentali in urgenza-emergenza come il pronto soccorso, l’anestesia e rianimazione, la medicina interna, la geriatria e la chirurgia generale e in genere a tutte le chirurgie specialistiche”.
Le carenze di personale sono significative, soprattutto nei pronto soccorso ricorda il vicepresidente FNOMCeO, sia per le vocazioni alle scuole di specialità che per la risposta ai bandi regionali. “La percezione del rischio e la scarsità di tempo disponibile per le visite, esacerbata dalla penuria di personale, contribuiscono all’atteggiamento difensivo dei medici”, conclude Leoni.
Riforma responsabilità medica: l’eliminazione della colpa lieve e i criteri di valutazione
Per affrontare queste sfide, il ddl approvato dal Consiglio dei ministri che punta anche a limitare la punibilità penale dei sanitari solo alle ipotesi di colpa grave, a condizione che siano state rispettate le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali. “La Costituzione italiana non può essere modificata per la responsabilità medica – ribadisce il medico – in particolare dove recita nell’articolo 3 ‘che ogni cittadino è uguale di fronte alla legge’, ma si può mirare a uno stralcio dal procedimento penale e a un indennizzo del cittadino extragiudiziale per eventi avversi occorsi al paziente ma senza profilo di colpa da parte del medico“.
La riforma, in questo senso, pone le basi per l’eliminazione della colpa lieve, perseguendo il medico solo per colpa grave e offrendo tutela se il medico nel suo comportamento ha seguito perfettamente le linee guida dedicate. A tal proposito, le linee guida, redatte dalle società scientifiche (circa 500 quelle regolarmente registrate al ministro della Salute) servono a indirizzare in modo operativo il comportamento professionale.
“Curiosamente, negli Stati Uniti, i maggiori lettori di linee guida non sono i medici, ma gli avvocati – dice il vicepresidente FNOMCeO – che le usano come spunto per nuove richieste di indennizzo in caso di non osservanza”. La riforma introduce anche parametri specifici per il giudice nella valutazione della colpa, come la scarsità di risorse umane e materiali, le carenze organizzative e la complessità della patologia del paziente. “Al primo posto nella mente di un medico c’è la ‘cura’ – chiosa Leoni – e sottolinea che le complicanze, mediche e chirurgiche, sono le evoluzioni cliniche negative più studiate dai medici, sempre al fine di evitarle in futuro. Sotto questo aspetto i medici, da sempre, sono i giudici più severi con loro stessi”.















Mario Catalano
Giornalista