Secondo un recente studio UILCA, l’Italia continua ad assistere a una graduale sparizione delle filiali o degli sportelli bancari sul territorio, in un processo che – partito come un’ottimizzazione dei costi degli istituti di credito – si sta sviluppando in una vera e propria emorragia che interessa in modo differenziato le diverse aree e categorie professionali del Paese.
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Chiusura degli sportelli bancari in Italia: i dati
L’analisi fornita da UILCA contribuisce a fotografare uno stato di sostanziale desertificazione bancaria da tempo avviata in tutta la Penisola.Â
Per lo studio, infatti, alla fine del 2024 erano 3.380 i comuni senza uno sportello bancario: in essi, vivono circa 4,6 milioni di persone. Un dato che simboleggia la trasformazione in corso nel sistema creditizio nazionale, con riflessi rilevanti per il tessuto produttivo: le migliaia di comuni interessati dalla carenza di banche sono un ingranaggio non certo sottovalutabile del motore produttivo italiano, spesso densamente popolato di piccoli studi professionali, artigiani, commercianti e liberi professionisti che hanno sempre fatto della prossimità territoriale il loro punto di forza.
La geografia di questa trasformazione rivela inoltre alcuni spunti statistici di maggiore preoccupazione. Nelle aree interne, dove si concentra il 59% dei comuni totali e il 46% della popolazione, sono 1.980 quelli senza sportelli, con più di 2 milioni di persone che non hanno accesso ad alcun servizio bancario fisico. In queste piccole realtà , migliaia di professionisti si sono trovati catapultati in una dimensione completamente digitalizzata. E non tutti, si intende, hanno avuto tempo e competenze per adattarsi rapidamente.
Sportelli bancari in città , sono ancora fondamentali?
Per valutare l’impatto reale di questa evoluzione, bisogna pur sempre considerare che – al netto dell’accelerazione in chiave digitale – molte operazioni fondamentali per l’attività professionale richiedono ancora oggi la presenza fisica presso uno sportello. Si pensi alla gestione dei conti correnti aziendali, all’accesso al credito, alla negoziazione di finanziamenti per investimenti, e ancora alla gestione di garanzie fideiussorie: operazioni che, nonostante la digitalizzazione, le PEC, lo SPID e le firme digitali, la maggior parte dei professionisti preferisce affrontare di persona, premiando una componente relazionale che difficilmente può essere completamente virtualizzata.
La situazione risulta ulteriormente acuita dal profondo divario tra aree urbane e periferiche. Se infatti nei centri maggiori la presenza di multiple filiali garantisce ancora un servizio capillare, nelle zone periferiche e ultraperiferiche il percorso di desertificazione è giunto a destinazione, lasciando i professionisti interessati a stringere un contatto fisico con la banca a percorrere decine di chilometri per raggiungere lo sportello più vicino, con evidenti ripercussioni sui costi di gestione e sui tempi di lavoro.
La distanza dalla filiale come gap
La trasformazione in atto ha generato una stratificazione in parte prevedibile tra i professionisti italiani. Da un lato, quelli che operano nei grandi centri urbani, dotati di infrastrutture digitali avanzate e di una formazione tecnologica più consolidata, riescono a sfruttare le opportunità offerte dalla digitalizzazione bancaria. Dall’altro, i professionisti delle aree interne si trovano spesso in difficoltà , non solo per la mancanza di competenze digitali specifiche, ma anche per l’inadeguatezza delle infrastrutture tecnologiche locali.
Desertificazione bancaria, chi è più colpito
L’impatto più significativo della sparizione delle filiali bancarie sembra essere riconducibile ai professionisti che richiedono una gestione intensiva di documenti e rapporti: notai, commercialisti e consulenti del lavoro si trovano spesso a dover coordinare operazioni complesse che coinvolgono più soggetti, e che la gestione puramente digitale rende più laboriose o rischiose (pur sempre possibili, dato il set di strumenti digitali con validità legale oggi a disposizione).
Un’evoluzione figlia dei tempi? Senza dubbio ha spinto a ripensare il rapporto digitale tra professionisti e servizi finanziari, inducendo molti operatori a sviluppare competenze che, una volta acquisite, potrebbero tradursi in vantaggi competitivi per le proprie attività .Â
La strada da costruire sembra dunque essere non certo quella di rallentare o interrompere un processo irreversibile, ma accompagnarlo verso un equilibrio più sostenibile per tutte le parti interessate, con le banche e le associazioni professionali chiamate a un ruolo più attivo, che si occupi anche di formazione digitale per i professionisti delle aree interne, investimenti infrastrutturali per colmare il divario tecnologico, definizione di servizi ibridi che mantengano una componente relazionale anche nell’era digitale.
Roberto Rais
Giornalista e autore