Intelligenza artificiale nelle PMI: innovazione o effetto carrozzone? “Ecco come usarla in modo strategico”

Perfomance migliorate? L'esperto: "Per valutare il ROI, definire obiettivi misurabili".

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L’intelligenza artificiale ha conquistato le PMI italiane: secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, oltre l’11% delle piccole e medie imprese ha già implementato soluzioni di IA, mentre quasi un terzo si trova attualmente impegnato in progetti pilota o percorsi di formazione. A usare l’intelligenza artificiale sono anche tanti professionisti. Si tratta di una scelta consapevole e il classico “effetto carrozzone”, che spinge a fare qualcosa semplicemente perché “la fanno tutti”? A prescindere dalle intenzioni, senza le adeguate competenze e un’analisi preliminare degli obiettivi, l’AI non può garantire risultati misurabili.

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Come usano l’intelligenza artificiale le PMI italiane

La penetrazione dell’IA nelle PMI si manifesta oggi attraverso applicazioni tendenzialmente verticali, con risultati facilmente misurabili. Il 15,5% delle imprese, ad esempio, utilizza chatbot per il customer care, mentre il 17,4% ha automatizzato processi documentali e di gestione dati. Ancora più significativo è il dato sull’analisi dei dati, adottata dal 29,7% delle aziende, con previsioni di forte crescita nei prossimi mesi.

Ma tutto questo, con quali risultati? Il 41,4% delle PMI che usa l’AI dichiara miglioramenti nella produttività, il 42,9% una riduzione significativa dei carichi di lavoro, il 39,1% l’eliminazione di compiti ripetitivi e il 32,6% un innalzamento della qualità del lavoro. Dati che, sulla carta, dipingono un quadro estremamente positivo dell’adozione tecnologica.

Intelligenza artificiale nelle PMI, i timori sono giustificati?

Tuttavia, dietro questi numeri si celano alcune criticità che meritano attenzione. Il 42,6% delle imprese esprime preoccupazioni per l’impatto sull’occupazione, anche se solo il 6,3% prevede tagli effettivi al personale. Un divario tra percezione e realtà che suggerisce una comprensione ancora parziale delle reali implicazioni dell’IA.

Non solo. L’entusiasmo per l’IA si scontra con limiti strutturali abbastanza profondi. Solo il 15% delle PMI dichiara infatti di possedere le competenze tecniche adeguate per implementare e gestire soluzioni di intelligenza artificiale, mentre il 37% delle imprese segnala problemi di qualità dei dati, con informazioni frammentate o poco affidabili che compromettono l’efficacia degli algoritmi.

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Conviene per le imprese investire in IA?

La domanda ricorrente che molti imprenditori si pongono oggi è se questo sia il momento giusto per investire in intelligenza artificiale. La risposta non è semplice: da un lato, i dati mostrano benefici concreti per chi ha saputo implementare l’IA in modo strategico e mirato; dall’altro, emerge il rischio di una corsa all’adozione guidata più dalla paura di restare indietro che da una reale comprensione del valore aggiunto.

Ad alcuni, l’attuale clima di euforia sull’IA ricorda pericolosamente altre bolle tecnologiche del passato. E fin troppe imprese sembrano adottare soluzioni di intelligenza artificiale non perché abbiano identificato problemi specifici da risolvere, ma semplicemente perché “tutti lo stanno facendo“, nell’auspicio che prima o poi troveranno un ritorno positivo dai loro investimenti. A conferma di ciò, il mercato dell’IA per le PMI si sta rapidamente saturando di soluzioni che promettono miracoli, ma che alimentano una confusione crescente tra strumenti realmente utili e prodotti di marketing travestiti da innovazione.

Una scelta “obbligata”

“Quello che distingue l’attuale ondata di intelligenza artificiale rispetto alle innovazioni passate è la sua natura molto veloce e trasformativa, che ha permesso a questa tecnologia di evolversi in modo estremamente rapido. L’IA ha il potenziale di re-immaginare completamente il modo in cui il lavoro viene svolto e il valore che questa può creare. I vecchi gestionali o i SAP erano semplicemente degli strumenti. L’IA oggi riesce a reingegnerizzare completamente il mondo del lavoro. La velocità è uno dei fattori cardine: basti pensare che la prima IA generativa sia stata lanciata appena tre anni fa e oggi si aprli già di IA agentica”, a spiegarlo a Partitaiva.it è Max Valle, consulente di evoluzione digitale per le PMI, che da oltre 30 anni supporta le aziende nella strada verso l’innovazione.

L’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale potrebbe non essere più una scelta per le PMI. A meno che non si sia disposti a sacrificare la propria competitività. “Probabilmente, tutte le aziende saranno costrette ad adottare l’IA e i suoi processi e questo creerà un impatto estremamente importante sul mondo del lavoro. Le aziende che potranno permettersi di adottare l’IA avranno un vantaggio competitivo molto netto. Ma molte perderanno il treno e, di conseguenza, avranno un impatto negativo sul mercato – continua Valle -. Pensiamo, ad esempio, che oggi il 42,6% delle imprese manifesta una chiara preoccupazione verso questa tecnologia”.

Ciò non significa però che l’intelligenza artificiale sia davvero “intelligente” e che l’essere umano debba limitarsi a eseguirne i consigli, anzi. Un altro punto su cui si è aperto un dibattito è la dipendenza dell’AI dai dati che ha a disposizione, nonché le loro implicazioni a proposito di normative sulla privacy e diritto d’autore. “Maggiore è la qualità dei dati in possesso dell’AI, migliore sarà la risposta – fa sapere l’esperto -. Ma per fornire i propri dati si potrebbe avere necessità di sviluppare un AI interna e privata, senza pertanto ricorrere ai modelli esistenti”.

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Come usare l’AI nelle PMI in modo strategico

Un’analisi attenta dei progetti di IA nelle PMI rivela spesso una mancanza di obiettivi chiari e misurabili. Molte imprese investono in intelligenza artificiale senza aver prima definito con precisione quali problemi intendono risolvere o quali risultati sperano di ottenere, adottando un’approssimazione strategica che può trasformare un investimento promettente in un costoso fallimento.

Ma come orientarsi in questo scenario? Come decidere quali investimenti siano realmente finalizzati e quali, invece, rischiano non solo di risultare superflui, bensì anche nocivi?

La formazione per l’uso dell’intelligenza artificiale nelle PMI

Anche il miglior tool di intelligenza artificiale per PMI finisce per diventare controproducente senza un essere umano con competenze adeguate al suo uso. Eppure solo il 15% delle PMI dichiara di competenze tecniche adeguate. “Il gap di competenze è un freno strutturale da sempre molto critico – aggiunge -. La priorità delle PMI non deve essere necessariamente l’assunzione di ‘ingegneri di AI’ (figure che, peraltro, non esistono nel senso più rigoroso del termine), bensì l’acquisizione di competenze di transizione, che permettono di passare dall’attuale metodo di lavoro a quello che adotta l’AI”.

Tra le competenze fondamentali annoverate dal consulente, ci sono: l’alfabetizzazione dei dati, ovvero la comprensione dei dati aziendali e delle modalità di inserimento nel processo di automazione; la governance dei dati, affinché i processi aziendali possano generare un ritorno definito; il sapiente uso dei prompt. “Interloquire con l’intelligenza artificiale non equivale a fare una domanda come la faresti a un amico. Deve invece essere un’istruzione molto strutturata – commenta Valle -. Contrariamente al suo nome, l’AI non è affatto intelligente. Pertanto, o strutturiamo correttamente un prompt o rischiamo di avere una risposta non pertinente e fuori contesto. Imparare a dialogare in modo efficace con gli strumenti dell’AI diverrà una priorità imprescindibile”.

La qualità dei dati

Per ottenere risultati concreti, non basta soltanto saper “dialogare” con l’AI. Serve pure istruirla nel modo corretto, fornendole le informazioni giuste. Eppure il 37% delle aziende segnala problemi di qualità dei dati. “Avere dati di scarsa qualità è sicuramente un rischio e può potenzialmente portare a un possibile fallimento dell’intero processo – precisa l’esperto -. Per comprendere come gestire efficacemente questa parte si può richiamare quello che in gergo tecnico si chiama ‘GI-GO’ (garbage in – garbage out), acronimo che si riferisce al fatto che l’efficacia di un algoritmo è direttamente proporzionale alla qualità dei dati con cui viene addestrato. I rimedi a tutto ciò sono un’ottima consulenza iniziale, un consolidamento tramite data-cleaning (andando a pulire i dati affinché tutta la loro base sia coerente con il risultato che si vuole ottenere) e la creazione di un punto di riferimento affidabile e aggiornato per i dati critici (clienti, prodotti, vendite, magazzino, ecc)”. 

Normalmente, si può agganciare l’AI a un gestionale esistente (CRM), dove si presuppone che i dati siano corretti, affidabili e aggiornati. Non bisogna ovviamente scartare la possibilità di dedicare risorse interne o esterne alla gestione e al controllo della qualità dei dati, visto e che questi diverranno l’asset strategico per adottare tale tecnologia.

La definizione degli obiettivi

Secondo Max Valle nessun imprenditore dovrebbe “sforzarsi” di trovare necessariamente uno spazio dell’organizzazione in cui inserire l’IA, bensì dovrebbe chiedersi quale obiettivo voglia raggiungere e come l’AI possa aiutarlo. “Penso che, prima di investire anche un solo euro, l’imprenditore debba individuare il processo aziendale che crei un collo di bottiglia o la metrica da migliorare – spiega Valle -. Bisogna infatti definire un obiettivo quantificabile e misurabile. Ad esempio, si può pensare di migliorare il customer care perché si ricevono troppe richieste di assistenza e si finisce con il perderne il 20%. Dopodiché bisogna chiedersi se e come l’AI possa essere d’aiuto”.

L’intelligenza artificiale, dunque, non è sempre la soluzione per eccellenza. A volte occorre integrarla con altre. “Si pensi, per esempio, al concetto di AI agentica, che non è altro che l’integrazione di task di programmazione e di diverse AI inserite nel processo – chiarisce -. Questo è il tipo di approccio che garantisce che ogni investimento sia finalizzato e allineato con gli obiettivi aziendali, che può generare un ROI totalmente misurabile”.

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Roberto Rais

Giornalista e autore

Giornalista e autore, consulente e coordinatore editoriale, collabora con agenzie di stampe e società editoriali italiane ed estere specializzate in economia e finanza, gestione di impresa e organizzazione aziendale.

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