Oggi 1° ottobre è previsto l’inizio dei dazi USA sui farmaci. Donald Trump li ha annunciati nei giorni scorsi, stabilendo una tariffa del 100%. Successivamente, la notizia anche di nuove imposizioni sui film prodotti fuori dagli Stati Uniti. Una mossa che mira a incentivare la produzione interna, aumentando le tariffe per le aziende che non producono o che non si impegnano a produrre negli States. Mentre l’Unione europea ostenta sicurezza, in Italia la prospettiva di un inasprimento del conflitto commerciale globale solleva serie preoccupazioni sui costi finali per i pazienti e sul futuro della produzione farmaceutica.
Dazi Trump sui farmaci al 100%: valgono anche per l’Europa?
A Bruxelles, la Commissione europea cerca di rassicurare gli operatori economici. Olof Gill, portavoce responsabile per le questioni commerciali, ha sottolineato che gli USA intendono garantire che l’aliquota tariffaria applicata ai prodotti originari dell’Unione europea, inclusi farmaceutici, semiconduttori e legname, “non superi il 15%”. L’ottimismo si basa su accordi e sulla Dichiarazione congiunta raggiunti con l’amministrazione statunitense a luglio.
L’UE e gli Stati Uniti, infatti, continuano a impegnarsi per l’attuazione degli impegni presi e stanno esplorando ulteriori ambiti di cooperazione e esenzioni tariffarie. Tuttavia, non tutti i dubbi sono dissipati. A Bruxelles, si riconosce sommessamente che non è chiaro se l’annuncio del 100% sia collegato alla conclusione delle verifiche commerciali in corso ai sensi della Sezione 232 del trattato di espansione commerciale del 1962. Tale Sezione conferisce al presidente degli Stati Uniti d’America un’ampia discrezionalità in materia di dazi, qualora le importazioni siano ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale.
Dazi USA su farmaci, i rischi per l’Italia: “Rincari e trasferimenti”
“I farmaci, in Italia, hanno generalmente un costo superiore rispetto ad altri Paesi, in particolare quelli europei. I nuovi dazi, con una tariffa così elevata, si ripercuoteranno in modo non indifferente sul costo finale del farmaco, considerando che quasi tutte le aziende produttrici sono multinazionali”. A parlare è Maurizio Pastorello, direttore del dipartimento interaziendale farmaceutico dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo.
Ma l’impatto maggiore, secondo il dirigente dell’Asp, non sarà solo sui costi immediati, bensì sul riassetto globale della produzione. Questa mossa, infatti, è vista favorevolmente oltreoceano: “Trump sta invogliando le aziende a produrre in America e le aziende trasferiranno tutto lì“, ha spiegato Pastorello. Di fronte a questa tendenza, l’UE si trova in una posizione difficile per contrastare questo spostamento. Pastorello sottolinea che l’ipotesi di formulare una controproposta alle aziende, molte delle quali multinazionali con sede spesso in America, per spingerle a non produrre negli Stati Uniti, è molto improbabile.
Le ferite aperte del mercato farmaceutico
L’introduzione di nuovi dazi si aggiunge a un contesto di mercato già in sofferenza, aggravato da crisi precedenti. “Le crisi globali recenti – il Covid e le due guerre in Ucraina e Medio Oriente – hanno già creato gravi problemi di fornitura”, spiega Pastorello. Sottolinea, in particolare, due fattori: il primo riguarda la produzione di principi attivi (spesso avviene in Paesi che sono attualmente o sono stati coinvolti in passato in conflitti o aree di forte “stress”, per esempio, l’Africa); il secondo riguarda i materiali, soprattutto il vetro (la guerra in Ucraina ha ridotto significativamente le forniture di vetro, causando seri problemi di produzione delle fialette).
Mario Catalano
Giornalista