Dal 30 agosto nuovi dazi USA sui pacchi postali. Perché il presidente Donald Trump ha eliminato l’esenzione sui dazi per le spedizioni di merci dal valore inferiore a 800 dollari. Per chi opera nel commercio online o, in generale, ha la necessità di effettuare frequenti spedizioni verso il mercato americano, si tratta di un cambiamento che richiede un adeguamento immediato delle proprie strategie. La misura potrebbe anche modificare i mercati europei, aumentando la pressione concorrenziale dei cinesi sul continente. Alberto Caschili, consulente legale per il mondo digitale e titolare di agenzia per gestione account Amazon, spiega cosa le PMI possono fare per restare competitive.
Indice
Dazi USA sui pacchi postali, come funziona il nuovo sistema
Prima dell’entrata in vigore delle nuove regole, la precedente soglia di esenzione permetteva di spedire merci negli USA senza applicare dazi doganali purché il valore dichiarato non superasse gli 800 dollari. Il regime è però stato completamente abolito (almeno, per ora), con poche eccezioni: rimangono infatti esenti solo i regali di valore inferiore a 100 dollari e i beni personali trasportati direttamente dai viaggiatori (ma solo fino a 200 dollari di valore).
Il periodo di transizione
Per i primi sei mesi dall’entrata in vigore, è previsto un sistema semplificato di calcolo: anziché calcolare i dazi come percentuale sul valore dichiarato, si applicheranno tariffe fisse che oscillano tra 80 dollari per prodotti con aliquote doganali inferiori al 16%, 160 dollari per aliquote tra il 16% e il 25%, fino a 200 dollari per categorie merceologiche con aliquote superiori al 25%.
Trascorso questo periodo transitorio, il calcolo tornerà al metodo tradizionale basato sulla percentuale del valore della merce, secondo le tariffe specifiche per categoria di prodotto e paese di origine.
Dazi USA sui pacchi postali: gli effetti su aziende e professionisti
Dinanzi a questo nuovo scenario, non sono pochi i riflessi operativi. La novità ha infatti già creato ben più di qualche disagio nel settore delle spedizioni internazionali, con diverse aziende postali europee che hanno temporaneamente sospeso i servizi verso gli Stati Uniti nelle settimane precedenti l’entrata in vigore, al fine di valutare le nuove procedure e adeguare i propri sistemi operativi. Chi vuole continuare a spedire pacchi negli USA è di norma ora chiamato ad anticipare l’importo del dazio presso gli uffici postali o i corrieri, prima della partenza del pacco, con conseguente maggiore complessità burocratica e costi aggiuntivi da considerare nella pianificazione delle vendite.
L’impatto più rilevante dovrebbe abbattersi sulle piattaforme di e-commerce che basano la propria competitività sui bassi costi di spedizione. I calcoli, d’altronde, erano presto stati fatti dall’amministrazione statunitense: le autorità americane stimano che nel 2024 sono entrati negli Stati Uniti 1,36 miliardi di pacchi esenti da dazi, per un valore complessivo di 64,6 miliardi di dollari. La crescita di questi volumi – da 134 milioni di spedizioni nel 2015 – ha spinto l’amministrazione ad accelerare una riforma inizialmente prevista per il 2027.
L’impatto si è però immediatamente esteso a tutti gli operatori che vendono verso il mercato americano. L’aspettativa dell’amministrazione Trump è che siano i venditori e gli esportatori a farsi carico dei costi aggiuntivi per mantenere la competitività dei prezzi finali. E, se così fosse, per gli operatori italiani significherebbe rivedere i propri margini e valutare se continuare a servire il mercato americano o concentrarsi su altri sbocchi commerciali. Ma è davvero così?

Cosa fare ora: il parere dell’esperto
A occuparsi quotidianamente del problema è Alberto Caschili, tra i più noti consulenti per il mercato digitale, a cui nelle ultime settimane sono giunte sempre più richieste di supporto per la più efficiente gestione dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti. “L’eliminazione della soglia di esenzione sotto gli 800 dollari rappresenta un cambio radicale nelle logiche di export verso gli Stati Uniti. Fino ad oggi molti venditori italiani, in particolare PMI e microimprese che utilizzano Amazon e altri marketplace, hanno potuto accedere al mercato americano con relativa semplicità, grazie a spedizioni dirette esenti da dazio, margini più prevedibili e prezzi competitivi – fa sapere a Partitava.it -. Con il nuovo regime, ogni spedizione è soggetta a dazio, anche le spedizioni valore contenuto. Questo comporta un incremento dei costi fissi e una gestione amministrativa più complessa, poiché i dazi dovranno essere anticipati presso corrieri o uffici postali prima della partenza della merce”.
Di qui, la riduzione della sostenibilità economica delle vendite cross-border, che dovrà essere rivalutata: i margini rischiano di assottigliarsi e i prezzi finali di diventare meno competitivi. “Occorre verificare che tutti i prodotti destinati al mercato statunitense abbiamo una marginalità adeguata anche alla luce dei nuovi dazi, diversamente sarà necessario adeguare i prezzi, scaricando il peso degli stessi sul consumatore finale, oppure reindirizzare i prodotti in altri mercati in cui non è presente una tale barriera d’ingresso”, aggiunge l’esperto.
Come arginare i danni
Cosa possono fare le PMI per arginare il danno dei dazi USA sui pacchi postali? “È essenziale ripensare l’organizzazione logistica. La soluzione più efficace, specie per chi vende su Amazon, è quella di utilizzare il modello FBA con stoccaggio negli Stati Uniti o, in alternativa, ricorrere a logistiche locali terze parti, che consentono di ricevere stock di merce custodendola nei pressi del consumatore finale – afferma Caschili -. Accanto alla logistica, anche il pricing dovrà essere rivisto: i nuovi dazi vanno integrati nei calcoli di redditività, che porteranno a mantenere nel catalogo destinato agli USA solo i prodotti con margini adeguati, mentre gli altri potrebbero essere orientati su mercati meno onerosi. Nei casi più strutturati, alcune aziende potrebbero valutare la costituzione di una società locale o l’appoggio a entità già presenti sul territorio statunitense per ottimizzare dogane e imposte”.
Cosa accadrà ai mercati europei
Secondo Alberto Caschili, la misura segna la fine di una fase di facile accesso al mercato americano per i piccoli operatori. “Gli Stati Uniti vogliono tutelare i produttori locali e ridurre il flusso incontrollato di prodotti esteri e micro-spedizioni – precisa -. Per le imprese italiane non si tratta necessariamente di una chiusura definitiva, ma piuttosto della necessità di alzare il livello di professionalizzazione”. Chi saprà strutturarsi con magazzini locali, pricing adeguato e una gestione corretta della compliance doganale, potrebbe dunque continuare a operare negli USA; al contrario, chi resterà ancorato a modelli improvvisati rischierà di uscire di scena.
La novità potrebbe avere dei riflessi indiretti anche sui mercati europei. Molti operatori, compresi i cinesi con i loro capitali e con una logistica già altamente competitiva, potrebbero spostare il focus sul mercato UE, aumentando la pressione concorrenziale sul nostro continente. Ciò significa che il mercato europeo rischia di diventare ancora più affollato e competitivo, con una maggiore presenza di player stranieri pronti ad approfittare delle nuove barriere all’ingresso negli Stati Uniti – conclude il consulente -. Questo cambiamento è un filtro naturale che selezionerà gli operatori più solidi e orientati al lungo periodo. L’Italia ha prodotti con un elevato valore percepito negli Stati Uniti, ma sarà necessario un salto di qualità organizzativo per affrontare il nuovo scenario”.
Roberto Rais
Giornalista e autore